STAMPA – Calcio in default

Redazione

CATANIA – Come di consueto proponiamo a tutti i lettori rossazzurri la rassegna stampa con le notizie più importanti presenti oggi nelle edicole nazionali e non. Gli articoli riportati sono stralci degli originali, non volti a sostituirsi a questi, pertanto invitiamo ad approfondire i contenuti presenti acquistando i giornali in rassegna.

Ricavi in crescita main serieA debitiper2,9 miliardi (Il Giornale di Sicilia)

“…Circa 2,6 miliardi di fatturato inproduzioneconunadiminuzione della perdita netta, ricavi in ripresaeincidenti allo stadio ridotti drasticamente, ma anche un debito pari a 2,9miliardi e 200 mila tifosi in meno. Sono alcuni dei dati che sipossono estrapolare dal terzo ReportCalcio, presentato ieri presso la Sala Polifunzionale del Consiglio dei Ministri di RomadaFigc, Arel (Agenzia di RicercaeLegislazione) e Pricewaterhouse Coopers. «Dati molto chiari – specifica il presidente federale Giancarlo Abete – come rappresentanti del calciodobbiamo trasferire fiducia e speranza senza pessimismo cosmico leopardiano, con un messaggio di umiltà e orgoglio. Abbiamo un’ esponenzialedecrescita sproporzionato perchè tutto finalizzato ai diritti tv,mentre l’affluenza negli stadi è fortemente diminuita». È uno degli indici meno incoraggianti, un -1,6% rispetto alla stagione precedente perun totale di 13.164.671 spettatori nell’annata passata 2011/12. Una decrescita che perdura ormai dalla stagione 2008/09, l’ultima a far registrare unincremento inpositivo rispetto alla stagione precedente. L’incidenza diventa positiva quando si parla di sicurezza negli impianti, con una forte diminuzione di incidenti, arresti e denunce.

Tre miliardi di debiti e stadi vuoti il lungo default della serie A (Repubblica)

“Un calcio malato che cerca disperatamente di districarsi fra buoni propositi di ravvedimento e la cruda realtà di cifre che lo mandano a picco. La Figc ha presentato ieri il suo terzo Report, la fotografia sullo stato del nostro calcio: c’è poco da stare allegri (oggi come domani). Ricavi in ripresa d’accordo (2,6 miliardi di euro) ma debiti a quota 2,9 miliardi (+8,8% rispetto l’anno prima), patrimonio netto migliorato ma pur sempre a cifre modeste (287 milioni: se fosse un’azienda “normale” dovrebbe preoccuparsi per il suo futuro), perdite in diminuzione del 10% (388 milioni), ma costo del lavoro che aumenta (del 3 per cento) con giocatori strapagati e stadi sempre più vuoti. Si guarda al futuro. Giancarlo Abete si sforza di essere ottimista («niente pessimismo leopardiano »), ricorda l’importanza di una legge sugli stadi ed elogia il modello- Juve, che se l’è cavata da sola e ha trovato una nuova strada, importante, di ricavi. Ma in pochi anni è stato perso un milione di spettatori: il trend negativo è iniziato nel 2008-09 e siamo non solo lontani anni luce dalla Germania (stadi pieni al 93%), ma ci staccano anche Premier League e Liga di Spagna. E la colpa, attenzione, non è solo degli impianti, vecchi e sovente brutti (però meno insicuri del passato, un progresso sensibile sul fronte sicurezza): è il prodotto che offriamo che non piace più. Basta pensare che per il campionato di A la media spettatori è stata di 22.005 nel 2011-12 (ma in leggera risalita quest’anno), pur essendo i biglietti meno cari (20,5 euro contro i 50 della Spagna) che in altre nazioni, mentre in Champions League la media si attesta sui 54.308 tifosi a partita, più che in Inghilterra. Basta offrire un prodotto avvincente, come la Coppa con le grandi orecchie, e i tifosi italiani rispondono. E non è detto che l’overdose di calcio in tv svuoti (sempre) gli stadi: almeno in Bundesliga non è stato così. Ma in Italia si sta studiando, dal 2015, se imitare il sistema inglese, dove non tutte le gare vengono trasmesse in diretta e c’è una “protezione” del prodotto. I venti padri-padroni del pallone si augurano che al bando del prossimo anno possa partecipare anche Al Jaazeera. Più competitors, più soldi? Ma alle pay tv questo calcio non piace, e della Lega di A ieri non c’era nessuno, come se la cosa non li riguardasse. Il nostro calcio è “vecchio”, non ha più grandi talenti, i giovani faticano ad imporsi e poi quegli impianti che, tranne eccezioni, mettono tristezza. Per fortuna, c’è la Nazionale che tira, porta ascolti tv (ma la Rai si lamenta: “giusto valorizzare la maglia azzurra ma sino a che punto?”), entusiasmo e soldi nelle casse della Figc che deve difendersi adesso dall’assalto delle nostre Federazioni. «Troppi i 62 milioni di contributi Coni al calcio che sperpera», sostengono. Abete si ribella («storie, noi siamo il motore dello sport») ma il 16 aprile, in Giunta Coni, ci sarà battaglia.


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