STAMPA- Il ricordo di Géza Kertész

Redazione

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Kertész, laBcol Taranto e il patibolo (La Gazzetta dello Sport)

“Non era ebreo come Arpad Weisz o Egri Erbstein. Ma era ungherese come loro e faceva l’allenatore. Non vinse scudetti, ma guidò in A Lazio e Roma. Non fu l’ingegnere del Grande Torino come Erbstein che passò da Bari nel 1928-29, scampò ai nazisti e perì a Superga. Non scoprì Meazza come Weisz, che salvò il Bari al debutto in A nel 1932 e morì ad Auschwitz nel 1944.Mane condivise la sorte. Perché quando dovette decidere da che parte stare, tornò nella natìa Budapest per salvare molti ebrei dallo sterminio dei nazisti invasori (con l’aiuto delle locali Croci Frecciate) fino alla fucilazione del 9 aprile 1945. CARRIERA Questa è la storia di Géza Kertész, classe 1894. Che nel suo lungo peregrinare e sperimentare il WM o «sistema», dopo aver guidato e ottenuto quattro promozioni dalla 2a o dalla 1a Divisione (ex Serie C2 e C1) con Spezia, Carrarese, Viareggio, Salernitana, Catanzarese e Catania, approdò al Taranto, appena retrocesso, per la 1a Divisione 1936-37. Kertész individuò tre pilastri: il centravantiala Cavazza, il biondo interno Cioni e il portiere Sellan. In seguito lanciò il 18enne mediano Salar (che farà la A con Triestina e Roma) e ottenne un salto in B da record: 17 vittorie, tra cui quelle nei derby cittadini coi Cantieri Tosi, sei pareggi e solo tre sconfitte, la prima dopo 15 gare a Lecce (2-0). Restò a Taranto pure in B.