#70anniCatania: I fondatori del Catania: dieci firme su statuto del club

Roberto Quartarone

Sono tanti i padri fondatori del Calcio Catania, rinato 70 anni fa in via Costarelli 8, a due passi da piazza Stesicoro. Nella stradina alle spalle del Palazzo del Toscano, dieci uomini si riuniscono martedì 24 settembre 1946, alle 9 di sera, per chiudere una laboriosa trattativa durata tre anni. L’obiettivo è ridare un’unica società di calcio, ben solida, alla città dell’Elefante. Firmando lo statuto societario, creano il Club Calcio Catania.

IL MEDIATOREÈ a Gianni Naso che dobbiamo il ringraziamento maggiore. Ha 32 anni, è il presidente provinciale del Coni, ha fondato il Club Atletico Giglio Bianco, una polisportiva che raggiunge eccellenze nella pallacanestro, nella pallanuoto, nell’atletica e anche nello sci. Lo definiscono «animatore dello sport catanese». È vero, è lui a rivitalizzare l’ambiente sportivo etneo nel dopoguerra. Ma gli tocca fare da mediatore: non è facile mettere d’accordo chi fa calcio a Catania, chi ha smembrato i resti dell’AFC Catania in quattro squadrette. Soprattutto è difficile far riavvicinare i due presidenti che hanno guidato la Virtus e la Catanese, le due squadre che hanno chiuso in fondo alla classifica la Serie C 1945-‘46.

IL PRESIDENTE NUOTATORE. Da un lato c’è Angelo Vasta, tra i fondatori della SS Catania nel 1929 e braccio destro del commissario Vespasiano Trigona duca di Misterbianco, durante la conquista della prima Serie B nel 1933-’34. Commerciante di legname, fonda la Virtus e si intende di nuoto e pallanuoto, tanto da essere per 15 anni presidente della Fin (Federazione italiana nuoto) locale. È anche un uomo che scende difficilmente a compromessi: è lui che nel 1945 manda a monte il riavvicinamento con la Catanese, ma nel giugno 1946 accetta di incontrarsi con l’altro presidente per trovare un compromesso.

IL PRESIDENTE CICLISTA. Dall’altra parte c’è Santi Manganaro-Passanisi, presidente della Catanese-Elefante. Appassionato di ciclismo, anche lui 32enne, è un omone che si occupa di carta e cartone all’ingrosso. Lui è pragmatico: è uomo di fusioni, già anni prima accetta di entrare nell’AFC Catania con la sua Società Ciclistica Etna e nel dopoguerra propizia la fusione calcistica tra la sua Elefante, la Catanese e l’Etna. Ritiene che che i passi da fare per avere una nuova società siano riparare dello stadio, trovare i soldi per poter ripianare i debiti e tentare almeno l’iscrizione in Serie C. Con queste premesse accetta di sedersi al tavolo per discutere.

GLI SPORTIVI ENTUSIASTI. Gianni Naso, non va dimenticato, viene sensibilizzato a svolgere il ruolo di mediatore da due giovani sportivi, Giuseppe De Cicco e Vincenzo Mannino. Il primo è nell’ambiente del nuoto come lo è Vasta. Fa anche l’ufficiale di gara, ma è nel comitato provinciale della Federazione ciclismo. Anche al secondo piace la bici, ha collaborato con Manganaro nell’organizzazione di alcune gare ma di professione è sarto. Loro due sono presenti a tutte le riunioni, e dimostrano sempre grande entusiasmo davanti ai progressi che avvicinano l’accordo.

CHI CI CREDE DAVVERO. In tanti, durante quel 1946, sono nostalgici del sodalizio con le maglie a strisce rossazzurre e così ecco presenti alla riunione decisiva anche Giulio Sterlini (giornalista, che però anni dopo tradirà la società etnea), Sebastiano Porto (anche lui vicino alla pallanuoto), Andrea Romano (appena 26enne, rimarrà nel calcio per 36 anni come presidente provinciale della Federazione italiana ciclismo), Antonino Maugeri e Giuseppe Avola. Loro credono profondamente nel nuovo progetto calcistico e appongono la loro firma allo statuto provvisorio, scegliendo Vasta come commissario straordinario, Manganaro come cassiere e Romano come segretario. Sarà poi Manganaro il primo presidente vero e proprio.

I GRANDI ASSENTI. A quella riunione mancano tre volti che di diritto vanno anche loro considerati tra i genitori del Calcio Catania matricola 11700. Ruggero Albanese è il padre dello sport etneo, sin dal primo decennio del Novecento s’interessa di ogni competizione sportiva e soprattutto del calcio: si racconta che usasse gli incassi della gioielleria di famiglia per comprare le attrezzature sportive a Malta. Sarebbe anche lui lì, seduto con gli altri dieci, se non litigasse con Naso, Vasta e Manganaro: il suo tentativo andato a vuoto di far ammettere la società alla Serie B viene visto come un’ingerenza presuntuosa nella trattativa. Ci sarà poi tempo di ricomporre la frattura. Altro assente è Giuseppe Lorenti, proprietario dell’omonimo “Gran Caffè” di via Etnea 141, sorto dalle ceneri dell’ex-birreria svizzera e punto di riferimento per tutti i cittadini catanesi, oltre che della dirigenza rossazzurra per anni. E non c’è nemmeno Vespasiano Trigona duca di Misterbianco, già commissario della SS Catania, che stacca un assegno da 100 mila lire a Naso, accetta la carica di presidente onorario, ma preferisce rimanere fuori dal calcio a cui ha dato tanto ricevendo molto poco.