Combine, Pulvirenti rinviato a giudizio. Pm: «Prove solide e evidenti»

Marco Di Mauro

La giudice Francesca Cercone ha deciso di rinviare a giudizio Antonino Pulvirenti, insieme a tutti gli altri imputati della prima tranche del processo Treni del gol. Ciò significa che si celebrerà un processo in cui dovranno rispondere del reato di associazione a delinquere finalizzata alla frode sportiva. L’accusa tocca sei partite del campionato di serie B 2014/15, che sarebbero state combinate per favorire la salvezza del club. La pena prevista dal codice penale per il reato più grave, va dalla reclusione da tre a sette anni per il promotore – individuato dall’accusa nel patron del Catania -, da uno a cinque anni per i partecipi. Gli altri imputati rinviati a giudizio – assenti in aula, come l’ex presidente – sono  l’ex addì Pablo Cosentino, l’ex direttore sportivo Daniele Delli Carri, Fernando Arbotti (presunto contatto coi calciatori), Piero Di Luzio, Fabrizio Milozzi (presunti tramiti tra il Catania e Arbotti), Giovanni Luca Impellizzeri (presunto finanziatore delle combine). A rispondere delle accuse sarà anche la società rossazzurra, per avere tratto beneficio dalle combine, che rischia al massimo un’ammenda.

Non c’è neanche una sedia libera, nell’aula terza del tribunale di Catania, alla ripresa del processo. La giudice Cercone avrebbe preferito esprimersi sulle richieste di rinvio a giudizio prima della pausa estiva. La scadenza è stata invece posticipata a inizio settembre. Finite di ascoltare le difese nella precedente udienza, prima di arrivare alla decisione, la parola torna all’accusa. Sulle eccezioni riguardo alla fondatezza dei capi di imputazione di frode sportiva mosse agli imputati – tra i quali figura il patron del Calcio Catania Antonino Pulvirenti – il pubblico ministero Alessandro Sorrentino replica ribadendo la sua intenzione di chiedere il rinvio a giudizio: «Il quadro indiziario a sostegno delle accuse è solido e l’evidenza del reato è clamorosa». Posizione alla quale si associano le parti civili ma che in parte viene contestata dai difensori.

Le prove raccolte dagli investigatori – riguardo alcune partite del torneo di serie B 2014/15, che sarebbero state combinate per volere di Pulvirenti – secondo il pm sarebbero abbastanza solide «da consentire di sostenere l’accusa in un futuro giudizio». Nel dettaglio, Sorrentino fa riferimento «alla clamorosa evidenza della consumazione del reato, sostenuta dalla prova logica, data dai riscontri sui contatti tra gli indagati, sulle consegne di denaro, sui risultati ottenuti dalla squadra, sui flussi di scommesse registrati». Tesi sostenuta anche per la presunta combine di Catania-Avellino, partita giocata prima dell’avvio delle indagini ma che viene citata nelle intercettazioni telefoniche in seguito disposte. Nessuna controreplica, invece, viene fatta dal pm riguardo alle eccezioni sulla contestazione del reato di associazione a delinquere. Un fatto che certo non passa inosservato nelle controrepliche delle difese.

«Per noi è la prova dell’inconsistenza del vincolo associativo e del piano criminoso contestato», dice Erika Giardino. L’avvocata del Calcio Catania chiude il suo intervento sostenendo, anche sulla base di un precedente giuridico, «la non perseguibilità del club per il reato di frode sportiva». Più categorico, nel mostrare il suo parere totalmente opposto rispetto all’intervento del pubblico ministero, è Giovanni Grasso. «A parte l’omessa replica riguardo all’associazione a delinquere – interviente il legale di Pulvirenti -, mancano elementi fondamentali per il rinvio a giudizio. Come la prova degli avvenuti contatti». Con tali motivazioni,  il difensore chiede «il non luogo a procedere per tutti gli imputati». A margine dell’udienza, quando la giudice si è già ritirata per decidere il da farsi, a MondoCatania il pm Sorrentino precisa: «Non ho replicato sull’associazione a delinquere perché ritengo le prove talmente evidenti che parlano da sole». Una tesi che la giudice, disponendo il giudizio, ha mostrato di condividere.