L’evoluzione di Lucarelli: la “legge del bavaglio” e il bersaglio dei colpevoli

Fonte: CalcioCatania.it
Davide Villaggio

Diminuiscono le giornate che separano dalla fine del campionato e aumentano le pressioni da sopportare per le squadre che stanno nelle zone alte della classifica. Ne sanno qualcosa il Catania e il suo tecnico. Dopo il pareggio interno contro il Cosenza, hanno avuto una grande eco le parole di Cristiano Lucarelli che invece di analizzare gli errori propri e della sua squadra ha rivolto il dito accusatorio in altre direzioni. Stavolta è toccato a parte dei tifosi, che hanno letto le sue parole come un alibi. Eppure, l’atteggiamento dell’allenatore dapprincipio era parso diverso.

A settembre Lucarelli presentò come un banco di prova importante la prima trasferta di campionato, a Caserta. Arrivò una sconfitta che lo fece andare su tutte le furie. E nel dopo partita non ne fece mistero: «La Casertana aveva il sangue agli occhi e noi no. Giusto che abbiano vinto loro. Ci sono stati tratti di partita in cui del lavoro fatto in due mesi, con la mia squadra, non si è visto nulla. Neanche per quel che riguarda l’approccio. Non voglio gatti fradici in trasferta. Voglio una squadra che abbia la stessa identità al Barnabeu come a Fondi. Mi è invece sembrato lo stesso film degli anni scorsi». Sfuriata in cui Lucarelli puntò chiaramente il dito contro i suoi calciatori.

Alle sue parole seguì la prima “cazziata” di Lo Monaco. Ma verso di lui, mica verso la squadra. Il dirigente parve non gradire alcuni sottintesi del tecnico rivolti all’improvvisa estromissione di Da Silva. «Lucarelli sta ancora studiando per diventare allenatore. Dovrebbe prendere esempio da Liedholm maestro del dir tutto e nulla. Intanto, dopo certe partite non parlerà più». Fu così che l’allenatore smise di rilasciare qualsiasi tipo di dichiarazione pre-partita.

Anche il 21 ottobre, dopo un filotto di sei vittorie consecutive, accade qualcosa di simile. Il Catania perde clamorosamente in casa contro la Sicula Leonzio. A fine gara, Lucarelli sbotta di nuovo, ma in maniera più svedese: «Non getto la croce addosso ai miei calciatori. Col senno di poi avrei dovuto avere il coraggio di cambiare almeno dieci giocatori rispetto alla gara di Siracusa e non mi nascondo se ho commesso qualche errore anche io». Stavolta, al netto della prestazione offerta dai suoi calciatori, pare mettersi in prima persona di fronte al bersaglio dei colpevoli. Fatto sta che all’orecchio di chi sta in alto, stavolta, non c’è nulla che dia fastidio, a parte il risultato (che arriva proprio a rovinare il giorno del compleanno di Lo Monaco).

Due mesi dopo, il Catania ospita al Massimino l’ostico Matera del tecnico aretuseo Gaetano Auteri. I rossazzurri, dopo essersi ritrovati in svantaggio, riusciranno ad acciuffare il pari ma non la vittoria. Un’occasione mancata nel turno di riposo del Lecce. A fine partita, Lucarelli, stavolta se la prende con una figura diversa: «Le ultime cinque-sei partite sono state condizionate fortemente da degli errori arbitrali. Tra gol annullati e rigori non dati credo che ci mancano almeno 7-8 punti. Sicuramente ci sono dei limiti negli arbitri, ma è possibile che dobbiamo subire solo noi? Esigo rispetto, non favori. È l’unica recriminazione, perché ai ragazzi non posso rimproverare nulla».

Parole in linea con quanto espresso dalla dirigenza anche nei giorni seguenti a quella sfida. Arriviamo alla sfida di domenica scorsa, in casa contro il Cosenza. Sotto di due goal, il Catania riprende la partita ma non riesce ad andare oltre il pareggio che, permette al Lecce di portare a sei i punti di distacco. I tifosi masticano amaro ed alcuni di loro, dalle tribune, a fine partita rivolgono parole non proprio dolci a giocatori e tecnico. Lucarelli, a fine partita, parla senza neanche rispondere alle domande dei giornalisti. E attacca quei tifosi e alcuni giornalisti.

«Non so perché il rendimento al Massimino è diverso rispetto a quello in trasferta. C’è più ansia. Al primo passaggio sbagliato, a parte le curve, gli altri settori insultano e questo non va bene. Qui il bicchiere si vede sempre mezzo vuoto. Fino all’ultimo io ci credo. C’è chi insulta pesantemente. Sta diventando un problema la pressione, gli articoli di giornale che parlano di vincere, vincere, di fare pressione al Lecce che però ha speso il triplo del Catania».

Dichiarazioni che anche stavolta puntano verso un obiettivo diverso dai precedenti, ma che allo stesso tempo hanno paiono in contraddizione con quanto detto dall’allenatore al suo arrivo al Catania: «La scelta di Catania è molto intrigante proprio perché presenta molte difficoltà, perché è una di quelle squadre che in certe categorie soffre perché ha potenzialità di categoria superiore. Ma io nelle difficoltà mi sono sempre esaltato». Come pure: «Spero di potere essere la persona che fa da tramite per riunire le componenti». Fatto sta che, oltre a far arrabbiare buna parte dei tifosi, le parole dette dopo la partita hanno fatto arrabbiare di nuovo il suo datore di lavoro, Pietro Lo Monaco.

Forse perché, sia il dirigente che i tifosi, hanno sentito nelle sue parole – oltre che dei rimproveri – dei pericolosi alibi messi davanti a qualche errore, soprattutto riguardo alle scelte di formazione. Pronta è arrivata, dopo le critiche di parte della tifoseria, anche il rimbrotto di Lo Monaco. Il massimo dirigente etneo, pur allontanando ogni voce di un possibile esonero, ha tenuto ha precisare come l’allenatore debba fare l’allenatore e pensare solo a ciò che riguarda il campo. Ribadendo che «Lucarelli starà zitto dopo certe partite». La regola del bavaglio, che a quanto pare al club è tanto cara ma che, coi fatti, non si è dimostrata finora efficace.