Lo Monaco e i proclami smentiti. Parole e fatti per una squadra da rilanciare

Claudio Spagnolo

Fin dai tempi della scuola, il nome di Alcibiade non mi ha detto niente di buono. Era, questo Alcibiade, un giovane greco di indiscusso talento. Ma anche piuttosto volubile quanto alla scelta della casacca da indossare. Quando la sua città, Atene, cominciò a far guerra con Sparta, Alcibiade s’imbarcò per combattere al fronte – che si trovava guardacaso in Sicilia – sotto le insegne ateniesi. Poi però, non appena sbarcato a Catania, ebbe da ridire con i suoi compatrioti e decise di mettersi al servizio di Sparta. Da dove in seguito – anticipando di venticinque secoli i turbinosi meccanismi del calciomercato – si trasferì prima presso un satrapo persiano per poi tornarsene, quasi a fine carriera, nella sua Atene.

Fu buono o cattivo, Alcibiade? Vallo un po’ a capire. Di certo, però, nessuno ha mai messo in discussione il suo talento. A differenza di quanto accaduto al suo omonimo, Alcibiade di cognome e Raffaele di nome, di professione difensore. Recentemente accostato con fin troppa insistenza al Catania e poi accasatosi in una squadra dal nome improbabile come il Feralpisalò. Questo Alcibiade era stato descritto, nei giorni in cui era in corso la trattativa, come un ottimo rinforzo per un Catania pronto a puntare alla B. Per poi trasformarsi, una volta sfumato l’affare, in un difensore di seconda fascia, certamente non all’altezza delle ambizioni rossazzurre.

Una rapida degradazione, da supereroe a mezzapippa. Rapida, ma non inedita: perché l’Alcibiade calciatore la condivide con altri suoi colleghi. Come il buon Pozzebon, celebrato l’anno scorso, al suo arrivo a Catania, come salvatore della nuova patria, e perfino ribattezzato Pozzodibuono dall’A.D. rossazzurro Pietro Lo Monaco. E poi retrocesso dallo stesso Lo Monaco – adesso che se ne andrà a cercar fortuna altrove – a giocatore dal curriculum inadeguato per diventare centravanti del Catania. Un dato che, magari, sarà pure vero. Ma, se lo è oggi, lo era anche a gennaio scorso, quando su Pozzebon si alimentarono così tante, forse avventate, aspettative.

È un copione che, a ben pensarci, si ripete negli ultimi tempi un po’ troppo spesso. Un copione fatto di trattative chiuse a parole ma poi destinate a sfumare nei fatti. Come, dopo Alcibiade, è accaduto anche per l’affare che riguarda l’altro difensore, Bachini. Che nel momento stesso in cui è stato ufficializzato dalla Juve Stabia, Lo Monaco ha bollato come calciatore di seconda fascia. Storie di astri nascenti rapidamente degradati a stelle cadenti. Come l’anno scorso è accaduto, oltre che a  Pozzebon, anche a Rigoli: prima celebrato come condottiero ideale per vincere il campionato, e poi tacciato a posteriori di difensivismo, come se quest’ultima caratteristica non fosse a tutti nota al momento dell’ingaggio.

Un copione che riempie l’estate di parole e di proclami: buoni magari a dare qualche titolo in pasto ai giornali. Ma non troppo efficaci – per non dire controproducenti – nel momento in cui si vuol presentare ai tifosi l’obiettivo del ritorno in serie B. Un obiettivo che sarebbe bello poter credere plausibile e concreto. Ma che per ora, nel turbinio delle parole estive, in attesa dei fatti concreti, riesce difficile distinguere da tutti gli altri proclami.