Progressi e limiti, strutturali e tecnici: per il quinto posto serve di più… o altro

Marco Di Mauro

Il Catania è migliorato da inizio campionato fino all’ultima gara del 2016. È innegabile. Da gruppo che si dibatteva nei bassifondi della classifica – e non solo a causa della penalizzazione – è riuscito, diventando una squadra, a lasciarsi alle spalle il gruppetto che lotterà fino alla fine per non retrocedere. Questo è stato il primo passo.

Il secondo passo, avvenuto nella seconda metà del girone d’andata, è stato riuscire ad abbinare alla grinta di un undici titolare più coeso e delineato nelle gerarchie, quell’affiatamento sul campo che a inizio stagione – con un gruppo titolare rivoluzionato per circa nove undicesimi – non poteva che fare la differenza in negativo rispetto ad altri organici. È stato allora, dopo alcuni turni passati a centro classifica oscillando un po’ verso l’alto un po’ verso il basso, che la squadra di Rigoli è riuscita a mettere la marcia successiva e irrompere in zona play off per restarci, costantemente, finora. Una posizione prima traballante, poi consolidata dai risultati ma oltre la quale questo Catania ha dimostrato di non riuscire ad andare.

Per fare il passo successivo, come è stato per i precedenti, serve qualcosa in più che, a differenza che in passato, il Catania pare non avere. Ciò perché la ragione, a conti fatti, non pare riguardare più qualità ‘allenabili‘ – come l’affiatamento, l’amalgama – ma limiti strutturali oltre i quali il gruppo non riesce ad andare. E questi ultimi possono essere almeno di due tipi. I primi sono limiti d’organico. Per quanti attaccanti abbia a disposizione l’allenatore, non ce n’è stato finora uno che abbia svolto il compito essenziale richiesto a un bomber: segnare. E la classifica dimostra come per stare più su di dove si trova il Catania, serve non solo segnare più gol di quanti realizzati dai rossazzurri, ma anche un attaccante che si prenda la responsabilità di farli.

I migliori marcatori del Catania sono stati, finora, due che cannonieri non lo sono stati mai nel professionismo. Mazzarrani e Di Grazia, con cinque gol. Entrambi esterni di centrocampo, per esigenza sono stati schierati più volte in posizione avanzata. Mazzarani, contro il Siracusa, è stato adattato centravanti titolare nonostante in panchina ci fossero compagni di squadra di ruolo. Dato di fatto che, al di là della discutibile creatività del tecnico, dà senso alla delusione di Pietro Lo Monaco che dalla sola accoppiata Calil-Russotto aveva detto d’aspettarsi 23 reti. Ne hanno messe a segno una ciascuno, finora. Non ha fatto tanto meglio Paolucci, sul quale erano alte le aspettative. Con l’arrivo della pausa e l’inizio del calciomercato va tirata la linea di bilancio.

Il direttore generale sa bene che per dare credibilità all’obiettivo da lui fissato – il quinto posto, con la prospettiva di vincere i play off – i numeri impongono l’arrivo di un attaccante da doppia cifra in Lega Pro. Il suo arrivo è stato in qualche maniera già prospettato. Per esigenze tecniche, oltre che logistiche ed economiche, qualcuno degli attaccanti dovrà però far le valige e cedergli il posto. Un discorso che non dovrebbe riguardare Barisic – adattato in un ruolo che non pare il suo – e Anastasi, che ha visto più dottori che palloni giocabili dal suo arrivo al Catania. Forse proprio quest’ultimo è parso il riferimento più confacente alle esigenze di Rigoli, anche guardando gli organici allenati dal tecnico d’origine messinese nelle sue annate migliori.

Proprio sull’allenatore rossazzurro, tuttavia, converge l’altra questione dei limiti strutturali. Il Catania di Rigoli ha mostrato, soprattutto fuori casa, dei limiti che non sono spiegabili con la sola assenza di un riferimento offensivo. Limiti di gioco ma anche limiti caratteriali nell’approccio quanto nella lettura delle partite. Limiti inspiegabili guardando, singolarmente, alle qualità dei calciatori in organico. Ma sono tuttavia un dato di fatto al quale Rigoli finora non è riuscito a trovare una soluzione efficace. Quella che avrebbe permesso al Catania di adeguare il proprio rendimento in trasferta allo standard necessario – a meno di involuzioni tremende delle dirette concorrenti – per raggiungere il quinto posto partendo dal -7. Le occasioni per agguantare la quinta piazza non sono mancate, ma sono state tutte fallite.

Il pareggio con l’Andria è un intoppo che può capitare e che, per quanto fastidioso, nulla toglie ai meriti del gruppo. Perché se è vero che questo gruppo ha evidenziato dei limiti, logica vuole che per riuscirci abbia dovuto dare il suo massimo che corrisponde, appunto, coi limiti finora mostrati. E più del massimo, da una squadra, cosa si può pretendere? L’inghippo, che probabilmente poi contro l’Andria muove i fischi e i mugugni del pubblico, sta nel fatto che ormai pare chiaro che il traguardo fissato dalla società sia ben lontano dal massimo traguardo raggiungibile da questa squadra, così com’è adesso. Per raggiungerlo bisognerà abbattere i limiti finora evidenziati. Che in parole povere, significa cambiare, non tanto ma di certo più di qualcosa. L’intenzione della società, per adesso, pare quella di iniziare dai calciatori. Poi, si vedrà…