Quella siepe chiamata Librino: se Leopardi tifasse Catania

Claudio Spagnolo

E chissà cosa avrebbe pensato Giacomo Leopardi se avesse tifato per il Catania, se sul suo ermo colle avesse ricevuto il segnale del digitale terrestre e se lunedì sera si fosse trovato a guardare FondiCatania; chissà cosa avrebbe pensato, alla vista di quel bandierone con scritto Librino che per l’intera partita ha svolazzato davanti all’occhio delle telecamere, escludendo, a mo’ di siepe, la vista di quel che accadeva dietro la sua tela sottile.

Cosa avrebbe potuto pensare quel poeta, a torto considerato il più plumbeo dei pessimisti? Quel poeta convinto che l’infinito non esista se non nella nostra immaginazione (e tuttavia capace, dell’infinito, di far vibrare in noi la più vivida immagine)? Forse quel poeta, lo stesso che due secoli fa mise in versi la vicenda di un vincitore nel gioco del pallone,  avrebbe saputo fingersi, dietro la siepe della bandiera che gli impediva di vedere quanto realmente accadeva sul campo, la desiderabile immagine di un Catania diverso da quel che conosciamo. Di un Catania che, in trasferta, non denunciasse l’amorfa rassegnazione spesso mostrata dalla squadra di Rigoli, ma al contrario sapesse accenderci la speranza di una vittoria, il desiderio di imprese modestamente gloriose: per quanto gloriose possono essere le gesta di chi vive prendendo a pedate una sfera di cuoio.

O magari quel poeta, aspettando la prima partita del nuovo anno, avrebbe ripensato a quel suo dialogo tra un ingenuo venditore d’almanacchi e un disincantato passeggere. Convinto, il primo, che l’anno nuovo sarebbe stato più felice, più assai, di quello appena passato. Scetticamente consapevole, il secondo, che nessuno, se gli si proponesse semplicemente di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e tutto il suo male, vorrebbe mai rinascere. Alla fine di quel dialogo però proprio lui – lo scettico, il pessimista passeggere – si mostra infine disposto a comprare l’almanacco più bello tra quelli in vendita. Cedendo, per un momento almeno, alla tentazione di illudere e farsi illudere. Come noi nel nostro piccolo avremmo fatto, e chissà quante volte abbiamo fatto.

Poco importa, infine, che l’illusione di cui parliamo passi per il prosaicissimo mercato di Lega Pro, fatto di scambi tra giocatori che non trovano posto in squadra e di minimi risparmi sugli ingaggi. Il mese di gennaio è destinato a regalarci ancora qualche giorno per permetterci il lusso di desiderare un Catania migliore di quello visto finora: vuoi per l’attesa dei nuovi arrivi, vuoi per il doppio turno casalingo che ora ci aspetta. Anche se già sappiamo che, dalla prossima volta, non ci sarà un bandierone svolazzante a nasconderci l’eventuale, perdurante pochezza del nostro gioco. E che presto dovremo tornare a fare i conti con la realtà di questa brutta, impoeticissima Lega Pro.