Quindici anni fa il gol promozione al Taranto: il «ricordo indelebile» di Fini

Foto: FIlippo Galtieri
Roberto Quartarone

Catania, 2 giugno 2002. L’estrosa ala Michele Fini risolve l’andata della finale dei play-off di Serie C1 tra Catania e Taranto: colpisce il pallone dal limite dell’area e il pallone s’incastona all’incrocio dei pali con una splendida parabola. Il calciatore sardo è quasi 28enne e grazie a questo gol si apre un futuro roseo ai piani superiori: dotato di grandi doti di palleggio, buon assitman e fin troppo tecnico per la terza serie, conquisterà una settimana dopo la promozione in Serie B e poi giocherà altri due anni a Catania, vestendo infine le maglie di Ascoli, Cagliari e Siena nella massima serie.

«Quel gol è un ricordo indelebile nella mia mente e nella mente di tutti i tifosi del Catania – spiega Fini –. Quella giornata è stata magica, la vittoria poteva rappresentare la vittoria del campionato, anche se c’era da giocare la gara di ritorno. C’era la sensazione che potessimo fare qualcosa d’importante per Catania e per i tifosi, per riportarla nelle categorie che meritava. Era un evento importante. Quasi non si respirava dal calore della gente e dell’atmosfera, lo stadio era stracolmo, non si era mai visto così pieno». La conta dei paganti dà 21.366 unità, le stime parlano di 25 mila presenti, comunque miglior risultato stagionale per il Cibali.

C’era dunque una trasferta da affrontare, allo stadio Jacovone di Taranto… «Nel ritorno c’era un clima teso – prosegue Fini –, l’attesa era snervante, l’ambiente di Taranto era caldo. Mentre entravamo in città in pullman, c’erano tante zone della città in cui i tifosi inveivano contro di noi. È stata un’impresa non aver perso con il Taranto. Ricordo che avevano disegnato due “B” gigantesche nel campo: è stato un loro errore, non si festeggia mai prima! La promozione è un bellissimo ricordo che porto dentro e tanti lo ricordano in maniera particolare».

Le due stagioni seguenti furono meno ricche di soddisfazioni per il Catania, che il primo anno si salvò grazie al famoso “Caso Catania”, mentre nel secondo rimase fuori dalla Serie A per una flessione a fine campionato. Con 107 presenze e 9 reti, Fini lascia comunque un buon ricordo, tant’è vero che nella consultazione online per il murale del Massimino è stato scelto tra i migliori 50 giocatori della storia rossazzurra e sarà immortalato da Andrea Marusic.

«Ho letto – esulta l’ala –, mi fa piacere, sono più che onorato di essere messo lì, non era facile. Sono felice di essere rappresentato in una circostanza così importante, di poter vedere il mio volto raffigurato all’esterno dello stadio dove ho lasciato sudore e dato tutto per la maglia. Ringrazio chi lo ha reso possibile e chi ha votato per me. Sono onorato e spero di poter venire all’inaugurazione, per condividere questa gioia con tutti».

Il Catania vive un periodo difficile da tempo: dall’arrivo di Cosentino è stato un susseguirsi di bocconi amari e i treni del gol non hanno fatto che aumentare la delusione. Ma Fini pensa che ci sia sempre modo di ricostruire: «Credo che ora è il momento nel quale i tifosi vogliono tornare ad avere obiettivi importanti – spiega –. La piazza è ambiziosa e chiede sempre il massimo dalla squadra, in termini di prestazioni, di risultati acquisiti. In questo senso è giusto che la tifoseria sia così. Però credo che con l’avvento di Lo Monaco bisognerebbe avere un po’ di pazienza in più. La fretta è cattiva consigliera, perché poi si devono correggere errori in corsa. Il tifoso vuole vincere per tornare in A nel più breve tempo possibile, sarebbe il massimo, ma ci vorrebbe più pazienza, per ricostruire tutto con tranquillità».

Lo scollamento tra città e tifoseria è evidente e ha radici conosciute, ma il fenomeno dello spopolamento degli stadi non è isolato. «Non tutti gli stadi riescono a riempirsi – ammette –. Credo che anche in A, soprattutto negli impianti di ultima generazione, l’organizzazione porta il tifoso a tornare allo stadio. Il futuro è riprogettare gli stadi in funzione del tifoso, per un evento che non sia solo la partita, che attiri più gente. Gli stadi di proprietà sarebbero qualcosa a cui bisognerebbe puntare per eventi e marketing. Nelle società dove questo sistema funziona i conti tornano. Il futuro potrebbe essere tornare a vedere la partita allo stadio e non sul divano».

Michele Fini ha iniziato anche la carriera da allenatore: ha una scuola calcio a Sorso ed è stato vice di Diego López a Bologna e Palermo, dunque è interessante anche il suo punto di vista sui giovani che si approcciano allo sport. «I giovani di oggi sono più disinteressati – si rammarica –, trovi chi è più appassionato, e si vede, e chi è poco coinvolto o disinteressato, magari perché spinto dei genitori. Il ruolo delle scuole calcio è molto delicato: sei costretto a far numeri, tenendo conto di tutti, coinvolgendo chi è meno interessato in modo che il calcio diventi interessante. È un compito difficile. Tra scuola calcio e giovanile abbiamo 180 iscritti: è un numero elevato, ma è anche un impegno elevato».