Treni del gol, i tratti oscuri del processo. Singoli giocatori avrebbero venduto

Marco Di Mauro

Se Pulvirenti ha comprato, chi ha venduto? Perché non ci sono intercettazioni dei venditori? Se le combine non fossero andate a buon fine, perché Pulvirenti avrebbe pagato? Sono alcuni dei passaggi rimasti finora oscuri del processo Treni del gol. Il procedimento penale che vede il Calcio Catania e il suo patron Antonino Pulvirenti coinvolti nelle presunte combine di sei gare del torneo di serie B 2014/15 (Avellino, Varese, Trapani, Latina, Ternana, Livorno). Quanto alla prima tranche, che riguarda solo gli imputati per i quali erano state disposte misure cautelari, la giudice Francesca Cercone ha ieri deciso il rinvio a giudizio accogliendo la richiesta presentata dal pubblico ministero Alessandro Sorrentino, alla quale avevano fatto seguito le richieste di non luogo a procedere delle difese. MondoCatania analizza i punti meno chiari del processo, quelli su cui i tifosi si interrogano e gli avvocati difensori promettono battaglia.

Chi ha venduto?
Secondo gli investigatori, a vendere le partite oggetto dell’inchiesta – al prezzo di 10mila euro ognuna -non sarebbero stati i club ma alcuni calciatori avversari: i nomi che compaiono nelle carte sono quelli di Riccardo Fiamozzi, Andrea Barberis, Luca Pagliarulo, Antonino Daì, Christian Terlizzi, Matteo Bruscagin, Jens Janse, Alessandro Bernardini, Marco Moscati. Non vi è però alcun riscontro telefonico né fotografico della loro effettiva connivenza, neppure dei pagamenti che sarebbero spettati loro.  Gli inquirenti non avrebbero ritenuto necessario questo tipo di indagini, basando la loro ricostruzione su un ragionamento deduttivo: tre indizi fanno una prova. Punto, questo, fortemente contestato dalle difese degli imputati, che evidenziano tra l’altro come tutti i calciatori chiamati in causa abbiano negato ogni addebito di fronte al procuratore federale e siano passati indenni al vaglio della giustizia sportivaChe invece ha già condannato in via definitiva il Catania e Pulvirenti.

Perché il doppio procedimento?
Il tribunale di Catania ha diviso in due tronconi il processo Treni del gol, che va avanti su due binari separati. Il primo ha già portato ai rinvii a giudizio. Su questo viaggiano solo gli imputati che nella fase iniziale delle indagini,  con ordinanza del gip, sono stati sottoposti ad arresti domiciliari: Antonino Pulvirenti, Pablo Cosentino, Daniele Delli Carri, Giovanni Impellizzeri, Piero Di Luzio, Fabrizio Milozzi, Fernando Arbotti. La disposizione della misura cautelare ha permesso di stralciare la posizione degli accusati e avviare un iter più rapido che eviti il rischio di prescrizione. Il convoglio che viaggia sul secondo binario invece, su cui ci sarebbero anche i calciatori sospettati di avere venduto le partite, è ancora fermo all’incidente probatorio. Questa seconda tranche del processo riprenderà a ottobre. Proprio la sovrapposizione dei procedimenti è stata oggetto di contestazione da parte delle difese degli imputati.

Pulvirenti truffatore o truffato?
Il pubblico ministero accusa il patron del Catania di truffafrode sportiva e di avere ricoperto il ruolo verticistico in un’associazione a delinquere. La linea difensiva ne ridimensiona il ruolo da capo a «pupazzo», sostiene che le combine non sarebbero state efficaci e che pertanto l’ex presidente sarebbe stato raggirato. A quanto emerge dalle intercettazioni, in effetti, per Latina-Catania qualcosa non sarebbe andata come promesso da Arbotti, il presunto tramite con i calciatori. Pulvirenti avrebbe lo stesso pagato 10mila euro, dei quali però ad Arbotti sarebbe andata solo la metà. La restante somma – a insaputa del patron – sarebbe stata spartita tra il direttore sportivo Delli Carri e il suo presunto complice Di Luzio. Ma se tutte le combine fossero state inefficaci, perché l’associazione avrebbe pagato Arbotti – come indicano gli inquirenti – e avrebbe tentato poi di combinare, sempre attraverso di lui, altre partite citate nel capo di imputazione? Secondo i suoi difensori, Pulvirenti avrebbe agito così perché spinto dalle minacce del suo direttore sportivo. Del quale si sarebbe poi liberato a fine stagione.

Le partite con Bologna, Brescia e Cittadella
Sono sei le partite incluse nel capo di imputazione formulato dal pubblico ministero a carico di tutti gli accusati. Eppure nell’indagine sono citate nove partite. Le tre rimaste fuori sono quelle contro Bologna, Brescia e Cittadella. Per queste ultime – si tratterebbe di gare in cui il progetto di combine è stato abbandonato – l’accusa non avrebbe riscontrato evidenze penali sufficienti per contestare reati. Le prime due tuttavia sono state oggetto di un nuovo deferimento, a carico del Catania e di Pulvirenti, da parte della giustizia sportiva. Tra l’altro, nel procedimento penale, le intercettazioni legate alla gara di Brescia vengono usate dall’accusa per dimostrare l’incessante operatività dell’associazione, in quel caso mirata non al tentativo di ottenere punti utili alla salvezza della squadra, ma a maturare illeciti guadagni attraverso le scommesse. Mentre per quanto riguarda la sfida col Cittadella — che il Catania avrebbe poi perso in casa – dalle intercettazioni emergono solo pochi elementi: le indagini, infatti, si sarebbero interrotte a poche settimane dalla fine del campionato.