Treni del gol, Pulvirenti e le scommesse: la mancata combine di Brescia

Marco Di Mauro

La difesa di Antonino Pulvirenti, accusato di truffafrode sportiva e associazione a delinquere nell’inchiesta Treni del gol, si concentra sul fatto che il patron del Calcio Catania avrebbe agito «per amore del club», al solo fine di evitare la temuta retrocessione in Lega Pro. Ma una delle partite per cui il Catania e Pulvirenti sono stati recentemente deferiti dalla giustizia sportiva sembra raccontare una storia diversa. Almeno da quanto emerge dalle carte dell’inchiesta penale condotta dalla Procura etnea.

Brescia-Catania, a differenza delle altre gare sotto indagine, sarebbe stata infatti oggetto di un tentativo di combine – poi non portato a termine – finalizzato a ottenere non tanto un vantaggio in classifica per i rossazzurri, quanto dei guadagni illeciti attraverso le scommesse. Benché alla vicenda sia dedicato un certo spazio tra le carte del processo, la magistratura ordinaria non ha inserito questa partita tra i fatti per cui è stato chiesto il rinvio a giudizio di Pulvirenti. La Procura non ha ritenuto che vi fossero i rilievi penali sufficienti per contestare specificamente anche questo episodio.

Si tratta del terzultimo impegno del torneo 2014/15. Il Catania è già virtualmente in salvo e troppo distante per ambire ai play-off. L’associazione capeggiata da Pulvirenti si sarebbe attivata comunque, secondo gli investigatori, con l’obiettivo di combinare un pareggio per 2-2. Risultato che le agenzie di scommesse pagano 15 volte la puntata. Giovanni Impellizzeri – titolare di alcune agenzie di scommesse, e per l’accusa finanziatore delle combine – commentando al telefono la visita nel suo ufficio del patron rossazzurro, spiega che lo zio Nino ha voluto sapere come funziona il casinò. Il piano dell’associazione avrebbe incontrato però subito delle difficoltà.

Piero Di Luzio – descritto come intermediario nell’organizzazione – all’inizio sembra sorpreso: era certo, infatti, che il suo impegno fosse già terminato col venir meno delle esigenze di classifica del Catania. Tanto che, ricontattato da Daniele Delli Carri (all’epoca direttore sportivo del Catania) stenta a capire il nuovo progetto. Il messaggio diventa più chiaro per Di Luzio solo in gergo ferroviario. Quando si fa riferimento a due treni, uno alle due e uno alle due, da una parte e dall’altra. Superato il primo ostacolo ne sarebbero spuntati però parecchi altri. Dall’insufficiente disponibilità economica da parte di Pulvirenti alla necessità di coinvolgere  un numero eccessivo di giocatori per poter garantire  esattamente quel punteggio.

Il budget sarebbe sceso dai 10mila, delle passate presunte combine, a 8mila euro. Informato di ciò, Fernando Arbotti – indicato come il contatto dell’organizzazione coi calciatori – ritiene la cifra troppo bassa. Perciò contropropone una combine low cost: la vittoria del Catania con due reti di scarto, pagata dalle agenzie 4,5 volte la posta. Arbotti ha il via libera. L’idea piace all’associazione, che tuttavia decide di agire in maniera diversa rispetto al quadro descritto dagli investigatori nei casi precedenti. Si riserva di prendere la decisione fino a pochi minuti dal calcio d’inizio. Quest’ultima scelta avrebbe una duplice motivazione.

Da un lato – sostiene ancora l’accusa – non si vogliono informare in anticipo i calciatori rossazzurri per impedire loro di scommettere sul finale esatto. Dall’altro, tutto rischierebbe di saltare in caso di sospensione o di calo della quota sul risultato desiderato. A mandare a monte il piano è però un altro fattore, imprevisto. Saputo che Arbotti avrebbe potuto garantire sulla complicità di un solo calciatore del Brescia – si tratterebbe di un difensore schierato nell’undici di partenza – Pulvirenti avrebbe deciso di non fare più nulla. La gara termina così con due reti di scarto, ma a favore del Brescia.

Secondo la tesi della Procura etnea, il tentativo, poi rientrato, di combinare la gara di Brescia dimostrerebbe soprattutto che l’associazione non si era accontentata di alterare le partite necessarie a salvare il Catania, ma progettava di continuare le sue attività, anche in futuro, con una serie indeterminata di reati.  Adesso, su Brescia-Catania si concentrano le attenzioni della giustizia sportiva. Che ha deferito per questa gara tanto il presidente Pulvirenti quanto la società rossazzurra. L’accusa formulata, però, appare abbastanza tenue: si parla di violazione dei «doveri di lealtà probità e correttezza» sanciti dall’articolo 1bis, comma 1, del Codice di giustizia sportiva. Una violazione punibile con una semplice ammenda.