Calcio, regole e sentimenti: due parole su Buffon (dal profondo del mio bidone)

Claudio Spagnolo

Visto che il calcio che conta, questa settimana, non ci ha regalato nulla d’importante – il Catania ha fatto il suo dovere vincendo con l’Akragas, il Lecce ha fatto il suo battendo il Fondi – forse è il caso, per una volta, di dare uno sguardo al calcio minore. La cui scena, negli ultimi giorni, è stata come è noto dominata dal pensiero e dalle parole di Gigi Buffon.

Faccio una breve premessa: io ho sempre pensato che, nei campionati italiani, vigessero regole diverse a seconda delle squadre che giocano. E che dunque il regolamento si applicasse in un modo per chi indossa una maglia a strisce bianche e nere, e in modo completamente diverso se le tue strisce sono, per esempio, rosse e azzurre.

L’ho sempre pensato, ma c’era gente che non era d’accordo. Gente che generalmente indossa da qualche parte – al collo, o sulla testa, o almeno in quel posto dentro al torace in cui io ho soltanto un bidone dell’immondizia – un qualche indumento metà bianco e metà nero. E dire che ne abbiamo dibattuto non so quante volte. Per esempio, quando alcuni anni fa assistemmo a questo incredibile arbitraggio, che del resto tutti noi ricordiamo.

Limitandomi all’episodio più famoso di quella partita – il lettore non troppo paziente lo troverà, scorrendo il video, al minuto 1.30 – io ho sempre pensato che, se la legge fosse stata uguale per tutti, quel giorno sarebbero dovute accadere le seguenti cose: primo, il guardalinee si sarebbe agilmente divincolato dal placcaggio della panchina della Juve, avrebbe finito la sua corsa verso il centrocampo e il gol di Bergessio sarebbe stato convalidato; secondo, l’arbitro avrebbe logorato i cartellini a forza di sventolarli in faccia ai bulli bianconeri che pretendevano di sostituirsi a lui; e – terzo – la partita sarebbe continuata sul sacrosanto punteggio di uno a zero per il Catania, che non è escluso potesse diventarne anche il risultato finale. 

Tuttavia, in campo, è successo altro. L’arbitro – un uomo dotato di un cuore sensibile, certo inadatto alla raccolta dei rifiuti, ma che con il suo pulsare gli ricorda continuamente che pure lui tiene famiglia – ha probabilmente ripercorso a mente la storia delle due squadre, ammirato la meravigliosa impresa che la Juve stava compiendo in quel campionato e ha riflettuto, non senza prima interpellare il fegato, che non è consigliabile ridursi a un’alimentazione a base di patatine e di fruttini. E di conseguenza ha annullato il gol, pur regolarissimo, di Bergessio, ha tenuto i cartellini ben chiusi nella loro custodia e ha coerentemente completato l’opera convalidando il successivo gol in fuorigioco di Vidal. Il fatto che ciò abbia straziato per sempre il mio bidone della spazzatura, naturalmente, poco importa. E poco importa che lo stesso sia accaduto a migliaia di insensibili, ignorantissimi e cardiologicamente spregevoli tifosi rossazzurri.

Ora, il punto è esattamente questo: quando io, fino a ieri, lamentavo che gli arbitri decidessero diversamente a seconda che a giocare fosse la Juve o, poniamo, il Catania, accadeva che i miei magnanimi conoscenti bianconeri se la cavassero prendendomi in giro e dandomi dell’invidioso. E ora? Che diranno ora, i suddetti conoscenti, ora che le stesse cose le pensa e le dice nientemeno che il capitano della Juve, il grande, il leggendario Gigi Buffon? Come la mettiamo col fatto che lui stesso teorizza che la decisione dell’arbitro non debba dipendere solo dal regolamento o da ciò che egli vede in campo, ma anche, se non prevalentemente, dai sentimenti, dal cuore, dalla storia, dalla vita anteatta dei giocatori delle due squadre? 

Cosa diranno, questi zelanti amici juventini, la prossima volta che un arbitro si rifiuterà di consultare il Var pur di non assegnare contro la Juve un rigore che potrebbe magari rallentarne la corsa allo scudetto? E già che ci siamo: come potranno accusarmi di essere un volgare diffamatore se – di fronte a qualche commovente dimostrazione di sensibilità arbitrale – io mi spingessi a mimare, volgendomi a quel cuore d’oro del direttore di gara, il gesto della mazzetta? Che ci sarebbe di male, dato che lo stesso Chiellini, meno di una settimana fa, ha espresso con la sua convincente mimica la convinzione che la corruzione alberghi nel mondo del calcio allo stesso modo in cui cui determinati sentimenti dovrebbero sempre albergare in un essere umano?

Lo so, lo so. La storia recente della squadra per cui tifo – o, per meglio dire, di chi pro tempore detiene la proprietà dell’azienda che ne sfrutta il simbolo e i colori – ha tolto a me, tifoso del Catania, il privilegio di poter fare questo discorso da una posizione di inattaccabile forza. Lo so che qualche juventino tirerà in ballo i treni del gol e il deplorevole comportamento cui si è abbandonata la nostra dirigenza quando ha deciso di juventinizzarsi, quando ha imbarcato in società i vari uomini della scuderia Moggi (uno dei quali, Delli Carri, è appunto al centro delle intercettazioni che ci hanno portato a retrocedere in C). Lo so. Ma io, vedete, non riesco proprio ad attaccarmi al petto le vergogne come se fossero benemerenze. Non ho scudetti rubati da rivendicare. Mi vergogno, invece: non di me, ma di quello che dirigenti non degni hanno fatto alla mia squadra. Auspico solo che la stessa severità usata verso il Catania sia sempre applicata, in circostanze analoghe, anche alle altre società. E aspetto intanto che il campo, solo il campo, ci restituisca presto al calcio che ci spetta. Senza bisogno di fare gné gné per intenerire gli arbitri, che sono peraltro in genere, quando hanno a che fare con noi, santi che non sudano.

Non sarà molto, lo so. Ma cosa si può pretendere d’altro, da chi come noi ha un bidone d’immondizia al posto del cuore?