#MaiNaGioia: Il calvario dei tifosi del Catania. Zero colpe, solo dolori da 4 anni

Davide Villaggio

Domenica prossima il Massimino non avrà, per l’ennesima volta, nulla da festeggiare e probabilmente niente di cui applaudire veramente. Sarà uno stadio quasi deserto a dare l’addio alla stagione 2016/17, nel “chiamiamolo derby” contro il Siracusa. Non c’è solo la delusione di una stagione vissuta al di sotto delle aspettative, rispetto ai progetti della dirigenza. A pesare sul malumore dei tifosi catanesi ci sono quattro stagioni in cui ne hanno davvero sofferte – senza alcuna colpa – di tutti i colori e su tutti i fronti.

DALLE STELLE ALLE STALLE – Stagione 2013/14: dopo lo storico ottavo posto del campionato precedente, il Catania cerca delle riconferme. Lo fa però cambiando i quadri dirigenziali. Pablo Cosentino subentra a Sergio Gasparin, nel ruolo di responsabile del calciomercato; Pulvirenti richiama a sé parte dei poteri e la restante parte l’affida a Pippo Bonanno. Vengono definite cessioni di elementi chiave quali Biagianti, Ricchiuti e, soprattutto, il papu Gomez. L’obiettivo fissato pare l’Europa, ma l’andazzo della stagione farà aumentare esponenzialmente il malcontento della piazza fino alla retrocessione a fine campionato. A nulla servirono i cambi di allenatore e i pochissimi movimenti di calciomercato a gennaio. Dopo una permanenza continua nei bassifondi della classifica, con una giornata d’anticipo il Catania ritorna in cadetteria a otto anni dalla promozione. Steccato in toto l’obiettivo di inizio stagione, che prevedeva una crescita a livello societario e tecnico.

CORAZZATA, MA NON TROPPO – Stagione 2014/15: successivamente alla retrocessione, il Catania non smantella la rosa mantenendo un organico sulla carta fortissimo, per la categoria. Tra i tifosi si respira un mix tra ambizione e delusione: nel primo caso si spera sul ritorno immediato nella massima serie, nel secondo caso, ci si aspetta un allontanamento di Cosentino che, invece, viene promosso da responsabile del calciomercato a plenipotenziario. Il girone d’andata vede gli etnei attardati dalle zone di vertice, diversi avvicendamenti in panchina e, a gennaio, una vera e propria rivoluzione per cercare di risalire la china. Nessun miglioramento, salvezza raggiunta all’ultima giornata e doccia freddissima per l’intera piazza: il 23 Giugno, difatti, viene fuori lo scandalo: Cosentino, Pulvirenti e Delli Carri arrestati per illecito sportivo: la società è macchiata dall’accusa rivolta ai suoi dirigenti di aver comprato alcuni match del campionato. Anziché l’immediata promozione in A, il Catania è retrocesso, per vie giuridiche, in Lega Pro con una penalizzazione di 12 punti e una multa di 150.000 euro più i 300.000 ad Antonino Pulvirenti e i 50.000 a Pablo Cosentino, squalificato per 4 anni. Il 29 agosto la Corte d’Appello Federale della FIGC riduce la penalizzazione a 9 punti. Un disastro vero e proprio, dal punto di vista sportivo, morale ed economico.

UN’ANNATA DIFFICILE RISOLTA DA UNA TRAVERSA – Dopo la sciagurata retrocessione in Lega Pro per la formazione rossazzurra la nuova dirigenza formata da Giuseppe Bonanno, Marcello Pitino e Fabrizio Ferrigno. Con 15 milioni di perdite a bilancio, determinati nei due precedenti anni di gestione, è difficile iscrivere la squadra. Anzitutto la nuova dirigenza sfoltisce totalmente la rosa cedendo tutti eccetto gli attaccanti Andrea di Grazia, Mattia Rossetti e Maks Barišič, il centrocampista Gonzalo Piermateri e i difensori Juan Manuel Ramos e Tino Parisi, futuro capitano quest’ultimo. L’handicap della penalizzazione costringe il Catania ad un campionato di rincorsa con obiettivo una salvezza tranquilla. Traguardo che viene raggiunto non con pochi patemi d’animo. I risultati, dopo un avvio fulminante, non arrivano. La salvezza giunge solamente all’ultima giornata a discapito del Monopoli, diretta concorrente, che non condanna i rossazzurri ai playout per questione di centimetri e con la palla che – durante la sfida contro il Matera – anziché finire in rete e garantire la salvezza al team pugliese, impatta sul montante. Il rischio di finire in D è sfiorato per un soffio, e infrange per la terza volta l’obiettivo stagionale: una salvezza facile con prospettiva splay off.

OBIETTIVO PLAYOFF, RENDIMENTO PLAYOUT – In sintesi il campionato che il Catania sta ancora disputando, e che si avvia alla fase finale. La stagione si apre col clamoroso ritorno di Pietro Lo Monaco, che è chiamato a sanare la complicatissima situazione finanziaria del club di via Magenta. In campo vi sono i ritorni di Marco Biagianti e di Michele Paolucci. L’entusiasmo è palpabile ad inizio campionato. Nonostante la penalità dei sette punti, il Catania, affidato a Pino Rigoli, disputa un modesto girone d’andata proiettandosi in zona playoff. La sconfitta di Agrigento, però, costa la panchina al tecnico di Raccuja. Da quel momento un tracollo voraginoso, due avvicendamenti in panchina e zona playoff sempre più lontana. L’organico, definito a inizio stagione come uno dei più importanti dell’intera categoria, non riesce mai a esprimere davvero questo potenziale. Anzi, pare fragile e va in mille pezzi dopo l’addio improvviso del tecnico Petrone. Ne segue una serie di risultati negativi che portano i rossazzurri dal sesto al dodicesimo posto in classifica, fuori dalla zona play off che ancora resta alla portata. Dopo la sconfitta a Monopoli i play out parevano avvicinarsi, La salvezza arriva qualche ora dopo, con tre giornate di anticipo, grazie alla sconfitta dell’Akragas e a una serie di scontri diretti previsti in calendario. Ma il rendimento della squadra attuale è inferiore a quello della precedente, che ottenne la salvezza all’ultimo istante.

Questo lo spettacolo che è stato offerto ai tifosi rossazzurri negli ultimi quattro anni. Delusioni, su tutti i fronti, che hanno portato più volte a disertare il Massimino. Sarà deserto anche per la prossima sfida di campionato, l’ultima di questa stagione, Catania-Siracusa. Lo stadio vuoto sarà il simbolo dell’inquietante continuità di questi quattro anni, in cui anno dopo anno, le diverse dirigenze avevano annunciato un cambiamento (positivo) – quest’anno chiamato rilancio – che non è ancora arrivato.