Bellinazzo: «Bond Finaria può rilanciare il Catania, tre anni di tempo per la B»

Fonte: Teleclubitalia.it
Fabio Di Stefano

Nemmeno un mese fa il proprietario del Catania, Antonino Pulvirenti, tornava a parlare dopo due anni di silenzio seguiti alla vicenda dei Treni del golLa conferenza stampa dell’ex presidente etneo coincideva con la chiusura dell’iter di ristrutturazione del debito di Finaria. Per spiegare i particolari del riordino finanziario della holding, basato su un bond, e sull’impatto che questo potrebbe avere sul rilancio del club, MondoCatania  intervista Marco Bellinazzo, giornalista de Il Sole 24 Ore nonché uno dei massimi esperti di economia sportiva.

Bellinazzo, Finaria prova a rilanciarsi grazie a un bond sottoscritto da alcuni investitori stranieri. Ci spiega di cosa si tratta?

«Il bond è un prestito chiesto da una società, diverso da quello chiesto in banca. In questo caso si emettono delle obbligazioni che vengono sottoscritte da potenziali investitori in cerca di un ritorno economico sul loro investimento. In pratica è un credito chiesto al mercato invece che alle banche».

Quando viene richiesto? 

«Viene richiesto quando si hanno problemi di liquidità e le banche sono restie a concedere un prestito poiché non ci sono sufficienti garanzie. Sul mercato ci sono soggetti disponibili a sottoscriverlo in quanto credono nel progetto di rilancio della società che avanza richiesta di bond».

Quali sono i vantaggi e quali i rischi per Finaria?

«Innanzitutto Finaria ha deciso di percorre questa strada perché rispetto al sistema bancario, che chiede tutta una serie di garanzie e può anche ritenere di non concedere il credito, il percorso è più semplice. In questo caso l’obbligazione viene messa sul mercato e può essere sottoscritta a prescindere dalle garanzie prestate. Il rischio è quello di non essere in grado di restituire le cifre pattuite, con tutte le conseguenze del caso».

Quali sono gli interessi che spingono gli investitori a concedere questo tipo di prestito?

«Il vantaggio consiste nella prevista restituzione, nell’arco di tempo fissato, del capitale concesso con un tasso di interesse che evidentemente hanno ritenuto conveniente. È logico affermare che gli investitori hanno accettato perché credono nel piano di rilancio del gruppo».

Dopo questa operazione la posizione di Finaria come cambia?

«In questa maniera Finaria ottiene la liquidità necessaria per le proprie casse e per il rilancio delle aziende legate ad essa, tra cui c’è anche il Calcio Catania. Adesso bisognerà capire se queste risorse saranno utilizzate per coprire le spese oppure, come dovrebbe essere, per fare nuovi investimenti e cercare di uscire dalla situazione attuale».

Pulvirenti ha parlato di nuovi investimenti.

«È quello che tutti auspicano, anche perché se si arriva a una soluzione del genere devi garantire il rilancio delle aziende».

Tempo fa lei aveva affermato che il ritorno del Catania in massima serie passava dalla cessione della società. Pensa che la situazione possa cambiare dopo questo accordo?

«Il passo compiuto ha l’obiettivo di mettere in sicurezza la controllante, ovvero la proprietaria del Calcio Catania, che è Finaria. Che questo possa essere utile per il club è ovvio perché dà maggiore tranquillità, almeno per un arco temporale di due, tre anni. Periodo nel quale il Catania deve cercare di ritornare in serie B. Se l’operazione contribuirà a rilanciare gli investimenti sul Catania in maniera importante dipenderà da come funzionerà il piano di risanamento. In poche parole, con questo prestito si apre uno spiraglio per rimediare a una situazione che era molto delicata, tanto che mi faceva pensare a una nuova proprietà come unica via di uscita per il Catania».

Pulvirenti e Lo Monaco parlano di riportare la società in serie A. Pensa sia possibile?

«Non mancano gli esempi di squadre capaci di fare il doppio salto, vedi Spal e Benevento nell’ultima stagione. Ovviamente, in caso di raggiungimento dell’obiettivo in poco tempo, occorrerebbe fare i necessari investimenti per mantenere la A e gestirne i costi. Anche se va considerato che in massima serie ci sono entrate importanti, in primis quelle garantite dai diritti tv».

Quanti milioni servono per fare il salto dalla C alla A?

« È difficile quantificarlo. Nel calcio intervengono tanti fattori poco razionali. Dipende dagli investimenti ma anche dalle capacità di fare rendere una squadra. Ci sono club che sono arrivati in A spendendo poco, altri invece hanno avuto bisogno di fare grossi investimenti. Penso al Benevento, che ha fatto il doppio salto ma dopo aver speso moltissimo, e per parecchi anni, per tirarsi fuori dalla serie C. Non posso dare numeri precisi, ma penso che una cifra minima tra i cinque e i dieci milioni di euro vada messa in conto. Poi ovvio, ci sono diversi fattori che influiscono sui tempi e sulle cifre utili a raggiungere gli obiettivi».