Il Monopoli che dura da quattro anni: l’insensato giro del Liotru rossazzurro

Marco Di Mauro

Nel giorno che l’Italia dedica alla Liberazione, l’augurio di MondoCatania è anche quello che il Calcio Catania possa presto liberarsi dall’insensato gioco in cui è intrappolato da quattro anni.

Pure questo campionato pare destinato a terminare in farsa. Sia concessa perciò una domenica di riposo alla cronaca, stanca di ripetere le ormai solite parole da troppo tempo. A raccontare fatti e misfatti c’è, stavolta, l’ironia. Si chiama così la prima goccia che trabocca dal vaso dalla pazienza, e trovando già colmi pure quello della rabbia e dello sdegno, finisce su un foglio bianco. Come questo, in cui protagonisti sono tutti coloro i quali giocano da troppo tempo col Calcio Catania. Come fosse il gioco del Monopoli. Mentre, attorno, sempre più tifosi sono stufi di seguire un gioco che non è quello di cui sono appassionati. E un club che pare ben lontano da quello che li ha fatti innamorare.

È cominciato tutto quattro giri fa, all’improvviso. Il nostro amato Liotru si è risvegliato su un rettangolo verde, in cui a rotolare non sono palloni bensì dadi. Un gioco che con abilità può esser fatto passare per calcio, ma non lo è. Tanto che non c’è prospettiva diversa dal girare in tondo, tra imprevisti e probabilità. E lo scopo non è mettere il pallone nel sacco, ma riempire la sacchette dei creditori sparsi lungo il giro evitando la bancarotta e la galera.

Dopo il primo giro di questo gioco che calcio non è, le cose si fanno ancor più strane. Il Liotru, che ha già perso un giro, subisce pure il declassamento da simbolo a segnaposto. Qualcuno lo veste col becco, le zampe e le piume del papero. Poco dopo, il ruzzolare dei dadi comincia a dare risultati un po’ sospetti. Che fanno abbulare il segnaposto di Stazione in Stazione. Combine, per alcuni, solo combinazioni per altri. Fatto sta che il volo di quel Liotru, travestito da papero, dà più all’occhio di quello di Dumbo. E finisce dritto dritto in Prigione.

Perso un altro giro, si fa notte. Cambiano tante cose ma purtroppo non il gioco. Il Liotru sveste i panni del papero e indossa quelli della candela. Sebbene la mano di chi regge gioco e cassa sia la stessa, quella di chi lancia i dadi è diversa. E l’avarizia dei nuovi risultati pare la certificazione più convincente della loro regolarità. Forse è colpa della sfortuna, forse anche del fatto che chi lancia i dadi deve badare ad altro. Ossia, spostare il nuovo segnaposto con gran cautela, stando attento che nel giro nessun creditore spenga con un soffio la fiammella che ancora evita al Liotru di sprofondare nel buio.

È così da due giri per il povero Liotru, tanto che che pare lo stesso giro. Poco denaro in cassa. Tanta speranza di pescare un jolly dal mazzo delle probabilità. Tanto timore di beccare qualche penalizzazione da quello degli imprevisti. Ma soprattutto ansia e incertezza di trovare i soldi per pagare i costi del nuovo giro, più tutti i debiti maturati in quelli precedenti. Che per le regole del gioco si devono onorare prima che il giro sia completato, pena l’eliminazione dal gioco stesso. Possibilità che per alcuni pare ancora un rischio, altri invece la vedrebbero come una liberazione.

C’è chi davvero non ne può più di questo giro per vicoli Corti e Stretti, che passano raramente per parco della Vittoria. C’è chi davvero – messa da canto l’ironia, adesso – non ne può più di guardare un gioco che non è davvero calcio, ma che assomiglia tremendamente al più noioso giro di Monopoli. E non ne può più di un club che non assomiglia nemmeno lontanamente a quello che li ha fatti innamorare. Perché non basta allestire una squadra e vestirla con una maglia rossazzurra per chiamarla Calcio Catania, e pretendere l’amore dei tifosi catanesi.

Serve tutt’altro. Che poi è ciò che ormai da quattro anni manca. E non sono i risultati. Perché se i tifosi rossazzurri si fossero innamorati dei risultati, non starebbero ancora a soffrire – chi dentro chi fuori dallo stadio – pretendendo un cambiamento radicale. Una rivoluzione vera, non a parole, che restituisca al Catania identitàvalori che hanno fatto innamorare i suoi tifosi anche in categorie ben più misere di questa Lega Pro. Pur con tutti i soldi del mondo, senza una società che sia in grado di incarnare questa richiesta non pare poterci essere vero rilancio. Non per il Catania, quello vero. Quello che è sempre appartenuto ai tifosi, lo stesso che è scomparso quattro anni fa e le cui maglie sono ora indosso a questa malriuscita e offensiva imitazione.