Treni del gol, 18mln di risarcimento? Legale club: «Chiesti per sbaglio al Catania»

Redazione

Diciotto milioni di euro. È la cifra che la concessionaria di scommesse Sks365 ha chiesto anche al Calcio Catania come risarcimento nel processo Treni del gol. «Ma l’ordinamento prevede che a pagare possano essere le sole persone fisiche», spiega a MondoCatania l’avvocata Erica Giardino, che rappresenta la difesa del club di via Magenta. Nessuna minaccia diretta, quindi, per le casse societarie. La prossima udienza del processo, ancora utile per la costituzione delle parti civili, è prevista a novembre.

A rischiare di dovere pagare la cifra a sei zeri sarebbero gli imputati, tra i quali c’è però anche il proprietario del club, Antonino Pulvirenti. Ma per ora il tutto resta solo un’ipotesi. L’ammontare della richiesta sarebbe stata giustificata dalla concessionaria austriaca «come danno patrimoniale e morale – spiega Giardino – sulla base degli importi che la Sks 365 avrebbe corrisposto per le puntate sulle partite che sarebbero state alterate, sia perché sostiene che queste vicende abbiano fatto diminuire il numero di scommettitori». La società che si occupa anche di gioco online è stata ammessa dalla giudice Francesca Cercone tra le parti civili nel procedimento penale che ha già portato al rinvio a giudizio di tutti gli imputati. Tuttavia, a distanza di un anno da quella decisione, la fase dibattimentale non ha ancora fattivamente avuto il via.

Richieste risarcitorie molto più esigue, quasi simboliche, sono invece quelle di tifosi e abbonati. Ieri avrebbe dovuto celebrarsi la prima udienza del processo, già rinviata lo scorso novembre per difetto di notifica. A causa dello sciopero degli avvocati penalisti, la seduta è stata ulteriormente posticipata al prossimo novembre. Un appuntamento che potrebbe riservare delle novità riguardanti proprio le parti civili ammesse al processo, e quindi anche l’ammontare del risarcimento danni chiesto agli imputati. «Chiederemo l’estromissione delle parti civili, sia di quelle ammesse nel corso della fase preliminare sia di quelle che potrebbero costituirsi ora», anticipa l’avvocata del Calcio Catania.

A chiedere risarcimenti per la vicenda delle presunte combine – che secondo l’accusa riguarderebbero sei partite del campionato di B 2014/15 – sono anche tifosi rossazzurri, scommettitori, abbonati allo stadio o alle pay-Tv. «Le richieste risarcitorie dei tifosi e degli abbonati vanno dalle spese sostenute per acquistare il biglietto della partita, all’importo giocato in una scommessa», aggiunge. Ci sarebbe persino chi ha scelto di costituirsi parte civile per recuperare la cifra, che pare simbolica, di cinque euro. In ogni caso, come specificato, non sarebbe il Calcio Catania a dovere sborsare queste somme. I potenziali rischi derivanti dal processo, per il club sono altri. «Il Catania rischia l’applicazione delle sanzioni interdittive, anche di tipo pecuniario, previste dalla legge – puntualizza Giardino – Speriamo di evitarle anche per non gravare su una società che, in considerazione delle vicende che sono occorse, sicuramente non avrebbe bisogno di questo ulteriore peso».

Nello specifico, l’accusa mossa dal pubblico ministero al club riguarda «il reato associativo, in relazione alle contestazioni mosse a Pulvirenti, Delli Carri e Cosentino. Mentre la società, secondo la legge, non può rispondere delle singole frodi sportive». La linea difensiva del Calcio Catania, al processo, sarà in parte la stessa del patron Pulvirenti. A sostenere quest’ultima è Giovanni Grasso, titolare dello studio legale del quale fa parte anche Giardino. «Ci sono delle questioni preliminari che sono comuni – spiega l’avvocata – Riguardano la formulazione del capo d’imputazione, che abbiamo ritenuto particolarmente generica. E poi ce n’è un’altra più specifica, che riguarda solo la società, sempre relativa al capo di imputazione, che però preferisco non anticipare». L’obiettivo è quello di stoppare il processo: «Crediamo che ci siano dei problemi di fondo nell’impostazione del processo, che siamo certi possano venire fuori nel corso dell’istruttoria dibattimentale».