Perinetti: «Tacopina sa come far vincere il Catania. Io vicino agli etnei in passato»

Fonte immagine: casanapoli.net
Giorgio Grasso

Se sul campo il Catania vince e convince, inanellando risultati positivi, al di fuori del rettangolo di gioco è il passaggio di proprietà dalla SIGI all’imprenditore Joe Tacopina a tenere banco. Per sentire il parere di un dirigente che con l’avvocato statunitense ha lavorato e vinto, MondoCatania ha intervistato in esclusiva Giorgio Perinetti. L’attuale direttore sportivo del Brescia, infatti, ha rivestito la carica di diesse del Venezia nelle stagioni 2015/2016 e 2016/2017, contribuendo in modo decisivo alla doppia promozione dei lagunari dalla Serie D alla Serie B. Uomo di calcio a tutto tondo, Perinetti ha rivestito cariche dirigenziali di primo piano in club storici come, tra gli altri, Roma, Napoli e Juventus.

Perinetti, Joe Tacopina è a un passo dall’acquisto del Catania e presto potrebbe arrivare la firma. Lei che lo conosce bene, ci parli un po’ di lui.
«Ho lavorato per lui a Venezia, quando ha rilevato la società in Serie D (stagione 2015/2016, ndr) e mi ha colpito per il grande entusiasmo con cui contagiava tutto l’ambiente. Ha fatto fin da subito in modo che io potessi costruire delle squadre competitive, e in due anni abbiamo portato i lagunari in Serie B. Ha impiegato tutte le risorse possibili per perseguire velocemente gli obiettivi. È un manager, ma è anche un grande appassionato di calcio. Inoltre, non ha mai fatto mancare la sua presenza in società, facendo la spola tra New York e l’Italia. I risultati parlano per lui, non solo quelli raggiunti a Venezia».

Direttore, come opera Tacopina? È un “accentratore” che preferisce fare di testa sua o lavora di squadra?
«Ha un grande rispetto del lavoro altrui. Segue sempre il suo staff, ma lascia operare i vari capi-settore in assoluta autonomia».

Il Catania ha una situazione debitoria pesante. Come mai, secondo lei, un investitore lungimirante come Tacopina ha deciso di rilevare un club in condizioni economicamente non floride?
«Catania è una piazza che può dare un grande contributo in termini di partecipazione. Ovviamente non so quali valutazioni abbia fatto Tacopina a riguardo e come pensa di operare per risolvere la questione debitoria. Ma se ha considerato Catania la scelta migliore tra quelle a sua disposizione, è chiaro che ci abbia visto qualcosa di importante».

Sappiamo che oggi il calcio è prima di tutto un business. Lei crede che Tacopina abbia solo fiutato l’affare o si sia anche innamorato della piazza catanese? Secondo lei fa bene ad imbastire un’operazione di tale portata?
«Tacopina è innanzitutto un manager, dunque è chiaro che cerchi l’affare. Ma, come già detto, ha una grande passione per il calcio e ha tanto entusiasmo, soprattutto quando lavora in piazze calde come quella di Catania. Se è la mossa giusta? Non ho abbastanza dati per dirlo, non conosco bene la situazione né le sue intenzioni. Sicuramente avrà visto, insieme al suo staff, delle potenzialità nell’investimento».

Qualcuno parla di un Tacopina “sfuggente”, riferendosi alle esperienze tutto sommato brevi di Roma, Bologna e Venezia. Pensa sia davvero così o semplicemente non ha trovato le giuste condizioni per continuare?
«Io non credo sia così sfuggente. In fondo a Venezia è rimasto quattro anni e mezzo, che non sono così pochi. In ogni caso non ha mai lasciato le società in difficoltà quando è andato via, anzi. A Bologna, ad esempio, dopo la promozione dalla B alla A ha ceduto la società a Joey Saputo, non di certo l’ultimo arrivato. Ha fatto bene ovunque sia andato, lasciando delle società finanziariamente stabili a persone affidabili».

Quali sono, secondo lei, i passi necessari affinché il Catania, con Tacopina, possa raggiungere la Serie B?
«Tacopina non lascia nulla al caso. Sa come si lavora in queste categorie e sa circondarsi degli uomini giusti, sia sul piano sportivo che su quello amministrativo. A Venezia, ad esempio, abbiamo fatto un lavoro importante. Siamo riusciti ad ingaggiare elementi di grande valore come StulacMoreo e i risultati sono arrivati. Oltre questo siamo riusciti a fare un ottimo lavoro per quanto riguarda la valorizzazione dei calciatori, con cessioni che ci hanno permesso di monetizzare».

Lei ha lavorato in tante piazze importanti. Quali sono le potenzialità, e quali i rischi, nell’operare in un ambiente come quello catanese?
«L’unico rischio che vedo è il rischio d’impresa. Il calcio di oggi vive momenti di incertezza a causa della crisi economica. L’epidemia di COVID-19, poi, ha aggravato ulteriormente la situazione. Oltre questo, vedo più sfide che rischi. È chiaro che a Catania sei obbligato ad ottenere la promozione, ma credo che possa essere una pressione positiva per chi guida la società. Catania, poi, è una piazza caldissima, che può dare tanto».

Come valuta la sua esperienza nel Venezia di Tacopina?
«Assolutamente positiva. Ci sono state un paio di incomprensioni, poi chiarite, ma sono dinamiche normali nel calcio. Ho un rapporto molto cordiale con Tacopina e ci sentiamo spesso».

Qualora ricevesse una chiamata per lavorare nel Catania, la accetterebbe?
«In passato sono stato più volte vicino al Catania, professionalmente parlando. Uno che mi fece una corte spietata fu Angelo Massimino, che era un grande amico. Ma non solo lui: mi chiamarono spesso anche Salvatore Massimino, Angelo Attaguile e Riccardo Gaucci. Il mio presente dice Brescia e non ha senso, in questo momento, commentare quelle che sono semplici ipotesi. Poi, è ovvio, nella vita mai dire mai, ma ad oggi è inutile fare discussioni del genere».

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