«La tripletta al Messina, la panchina con Petrone…», parla Oliveira

Fonte: La provincia di Varese
Marco Di Mauro

Tre gol nel derby del Celeste contro il Messina. Fu questo il biglietto da visita che Lulù Oliveira presentò ai tifosi catanesi. «Volevo fare capire subito quanto ci tenessi a essere all’altezza delle loro aspettative», dice l’ex attaccante brasiliano a MondoCatania. Lasciato il rossazzurro, prima di diventare allenatore, il Falco ha giocato anche nella Nuorese, dove ha incontrato Mario Petrone: «Non mi dimenticherò mai quanto mi tenne in panchina. A Catania farà bene».

A portare Oliveira a Catania, nell’estate del 2002, fu la famiglia Gaucci. Dopo la promozione ottenuta a Taranto, la squadra si preparava ad affrontare il ritorno in serie B con grandi ambizioni. La stagione precedente, l’attaccante brasiliano era stato promosso in A col Como e si era laureato capocannoniere del torneo con 23 reti segnate (un solo rigore). Un acquisto roboante.
«Quando sono arrivato a Catania, il primo impatto è stato bellissimo. I tifosi mi sono venuti a prendere in aeroporto. Mi hanno preso in braccio e mi hanno portato a spalla. Questa è stata la dimostrazione, per me, di quanto la gente ci tenesse alla maglia e ai calciatori che avevano il compito di portarla indosso, e di farlo con onore, al massimo delle loro possibilità. È stato un episodio che mi ha trasmesso grande forza, soprattutto morale».

La stagione iniziò col successo per 3-2 sul Genoa, in un Massimino stracolmo. Oliveira, però, non segnò. Col senno di poi, si disse che aveva conservato i gol per la sfida successiva: il derby contro il Messina. Il primo dalla sconfitta nella finale play off che, due anni prima, proprio al Celeste, aveva significato per il Catania la fine del sogno serie B e la promozione per i giallorossi.
«Alcuni ultra vennero a parlarci nello spogliatoio, nella settimana di preparazione. Ci spiegarono l’importanza che per loro rivestiva quell’incontro. Per noi calciatori fu importante star vicini ai nostri tifosi, comprendere le loro aspettative. Questo ci aiutò a reagire quando andammo sotto, prima di uno e poi di due gol. Pareggiai, il Messina fece due gol e io risposi facendone altre due. La partita finì 3-3».

La rimonta, firmata Lulù Oliveira, fece entrare immediatamente l’attaccante nei cuori dei tifosi.
«Qualcuno si aspettava da me più di quanto avessi fatto a Como, la stagione precedente. Qualcun altro pensava che fossi ormai finito, dopo avere giocato ai mondiali, in coppa Uefa e in serie A. Io ho subito dimostrato che avevo voglia di lottare al mio massimo per fare bene anche a Catania. Quello fu il mio biglietto da visita, ma fu una gara ben disputata da tutta la squadra. Ricordo a fine partita, negli spogliatoi, Gennaro Monaco intonò una canzone in mio onore, qualcosa tipo “Ci pensa Lulù” o “Tanto noi c’abbiamo Lulù”» .

In quella squadra, oltre a Monaco, c’erano calciatori come Iezzo, Fusco, Fini, Bucchi, Del Grosso.
«Era un organico da serie A. Ancora oggi continuo a pensare che avevamo in squadra un calciatore come Michele Fini, che se già allora avesse giocato in serie A avrebbe potuto mettersi in mostra per ottenere un posto in nazionale. Purtroppo fuori casa lasciavamo molto a desiderare, perdevamo quasi sempre. Secondo me eravamo una formazione molto offensiva ma debole in fase difensiva. Ci mancava la continuità e dovevamo rimediare vincendo in casa».

Un problema che il Catania, col passare degli anni, pare non avere perso. Sono proprio le deludenti prestazioni in trasferta, l’ultima ad Agrigento, a essere costati il posto a Pino Rigoli. Sulla panchina del Catania siede, adesso, Mario Petrone. Un tecnico che Oliveira conosce bene.
«Lavora tantissimo e bene. Tiene in considerazione tutti i calciatori e non guarda in faccia a nessuno. Nel 2006 fu il mio allenatore nella Nuorese, in C2, e non mi dimenticherò mai quando mi lasciò in panchina per far posto a un ragazzino di 19 anni. Mi spiegò che l’esclusione era dovuta al fatto che in settimana mi ero allenato male. Aveva ragione. Accettai quella punizione, capii di avere sbagliato e alla ripresa degli allenamenti ricominciai a dare il 1000 per mille. Sono sicuro che al Catania farà bene, e lascerà il segno».

L’obiettivo del Catania, quest’anno, è centrare la serie B attraverso i play off. Per questo la dirigenza ha deciso di cambiare allenatore. Un messaggio chiaro, soprattutto alla squadra.
«Ho visto qualche partita e credo che l’allenatore possa contare su un attacco importante. Secondo me manca però ancora qualcosa per fare il salto di qualità, in trasferta. Magari serve un lavoro diverso da quello che è stato fatto finora. Starà a Petrone trovare il modo per fare giocare il Catania in trasferta come in casa».

Quella rossazzurra non è stata l’esperienza più lunga della carriera di Oliveira, ma di certo una di quelle più intense.
«Ricordo le unghie rossazzurre, le magliette che mostravo dopo ogni mio gol. Ad esempio quella con su scritto “Cascamu additta comu e iatti”, o quella con su scritto il codice fiscale di Catania. Tutte idee del mio amico Vincenzo, che io ho soprannominato “lampadina”. Mi faceva piacere indossarle perché facevano piacere alla gente. Quei due anni sono stati spettacolari e più di qualsiasi partita, non dimenticherò mai la gente di Catania. Me la porterò sempre dentro di me».

Proprio ai tifosi del Catania è rivolto il saluto, o meglio l’augurio che chiude questa intervista.
«Spero che Lo Monaco (l’addì del club etneo, ndr) riesca a portare il Catania più in alto possibile. Merita una serie A giocata agli stessi livelli che hanno preceduto la doppia retrocessione. È questo l’augurio che faccio ai tifosi del Catania».