Combine-bis, le imputazioni sportive non coincidono con quelle penali

Marco Di Mauro

I nuovi deferimenti disposti dalla giustizia sportiva a carico del Calcio Catania, e del suo patron Antonino Pulvirenti, riguardano due gare che nell’inchiesta Treni del gol vengono citate, ma che la Procura etnea non ha inserito, nel capo di imputazione, tra gli episodi per cui chiedere il rinvio a giudizio. Su una di esse, Bologna-Catania, le responsabilità ipotizzate dal procuratore della Figc Stefano Palazzi sarebbero più gravi: l’accusa è infatti di illecito sportivo, una condotta punibile con penalità e perfino con la radiazione. Più sfumati, invece, gli addebiti per Brescia-Catania: gara a proposito della quale viene contestata solo la meno grave violazione dell’articolo 1bis del codice di giustizia sportiva (relativo ai doveri di lealtà e correttezza).

Il quadro che emerge dalle accuse di Palazzi non sembra tuttavia coincidere del tutto con quello disegnato dalla magistratura etnea. Bologna-Catania, del 27 aprile 2015, termina 2-0. Secondo la Procura federale gli accusati – tra i quali c’è anche l’ex direttore sportivo Daniele Delli Carri – avrebbero «tentato di alterare il risultato […] offrendo o promettendo denaro o altra utilità o vantaggio […] e contattando a tal fine dei calciatori del Bologna allo stato attuale non identificati».

Dalle intercettazioni che hanno dato il via all’inchiesta Treni del gol non solo non pare emergere il nome di alcun calciatore contattato, ma si afferma che l’associazione – che sarebbe stata capeggiata da Pulvirenti – decideva di soprassedere nel combinare l’esito finale della partita, in cui erano in ballo tre punti che avrebbero potuto valere il salto in zona play-off dei rossazzurri. L’allora presidente etneo, infatti, sarebbe stato allarmato dalle notizie giornalistiche relative ai sospetti sulle precedenti cinque vittorie del Catania. È probabile, però, che la Figc abbia fatto riferimento, per formulare la sua accusa, anche a ulteriori elementi emersi durante gli interrogatori.

Nessun accenno a calciatori contattati viene invece fatto, dal procuratore federale, nel deferimento relativo a Brescia-Catania (4-2) del 9 maggio 2015. Ma il quadro delle indagini penali sembra raccontare qualcosa di diverso: nell’occasione, l’associazione si sarebbe attivata per verificare la possibilità di ottenere un risultato ben preciso (l’obiettivo iniziale era un pareggio per 2 a 2), a differenza di quanto avvenuto nelle precedenti partite, nelle quali lo scopo era solo quello di fare vincere il Catania. Considerato però che la mattina della partita poteva contare sulla disponibilità di un solo giocatore del Brescia – identificato in un difensore –, anche in quell’occasione decideva di non farne più niente.

Anche se, tra le carte dell’inchiesta, a queste due gare è dedicato ampio spazio, il capo di imputazione formulato dalla procura di Catania, come si è detto, non fa riferimento specifico a nessuna di esse. Le partite contestate all’associazione di cui sarebbe stato a capo Pulvirenti sono infatti quelle disputate dai rossazzurri contro Avellino, Varese, Trapani, Latina, Ternana e Livorno.