Dopo Catania-Juventus, nulla sarà più come prima

Marco Di Mauro

Catania-Juventus è, nella vita di qualsiasi tifoso di pallone, uno di quegli eventi che hanno un prima ed un dopo. Uno di quegli eventi dopo i quali, nulla è più come prima e mai più potrà tornare ad esserlo. Non è successo nulla di nuovo, nulla di diverso da quanto successo altre volte, su altri campi, a scapito di altri avversari ed a favore come sempre d’una grande, che si chiami Juventus od altro.

Ma stavolta è successo a noi, sotto i nostri occhi, sulla nostra pelle, dritto in faccia, e non lo si può nasconder o sminuire al giudizio della nostra mente che non può più credere, è costretta a capire. E’ stato uno schiaffo, che ha ucciso i nostri sogni aprendoci gli occhi sulla realtà. E’ stato come sentir morire, dentro di sé, qualcosa che la parte migliore di noi, sta ancora soffrendo.

Hanno ucciso il calcio, ieri? No, ci hanno mostrato che è morto da tempo. Ci hanno irriso perché ce ne saremmo dovuti accorgere prima. Ci hanno spiegato che protestare è inutile perché tanto, loro sono imbattibili. Hanno chiarito che ad ucciderlo sono stati loro, rubando molto più che una partita: i sogni ed i sorrisi, e tirando fuori il peggio di noi: il rancore.

Il calcio è morto così, anche a Catania.

E’ morto nella bocca di un innocente che esprime pensieri in parole da connivente.

E’ morto in chi legittima un reato con la legge del più forte.

E’ morto sui giornali che benedicono il Catania solo quando gli permette di maledire quegli altri.

E’ morto sulla pagina facebook (vera o presunta) di un assistente che sbandiera il vessillo della Juventus.

E’ morto soffocato tra il culo e la poltrona di un responsabile che ammette le responsabilità dei suoi designati ma non ha abbastanza senso di responsabilità per pagarne lui per primo le conseguenze.

E’ morto insieme all’assioma “1-0 e palla al centro” che finora credevamo indistruttibile.

E’ morto nelle rivendicazioni di chi preferisce un aiuto umano per sbagliare piuttosto che uno bionico per non sbagliare.

E’ morto ascoltando le proteste di chi ha voce e non le grida d’aiuto di chi ha ragione.

E’ morto calpestato dalla panchina che non vede, non sente, non parla ma decide.

E’ morto se davvero “non si può fare un cazzo.. una minchia per cambiarlo”.

Perché nessuno di noi, da Catania-Juventus in poi, potrà mai più esser disposto a metter in gioco i propri sentimenti più puri e limpidi dentro uno sport così sporco. Ed uno sport, svuotato di questi sentimenti, è come un corpo senz’anima. Per questo, se non cambierà, se dopo Catania-Juventus ci impediranno ancora di cambiarlo, il calcio per me sarà, lungo un prato verde, in attesa della definitiva sentenza, solo un uomo morto che cammina.

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