La Lega Pro? Come un girone dantesco. Scherzo in versi, tra rabbia e speranza

Claudio Spagnolo

Il raggruppamento C della Lega Pro come una specie di girone dantesco, fatto di campi impossibili, assurdi rinvii delle partite, tifosi sacrificati a chissà quale logica – sempre che una logica ci sia. Un anno bisestile avaro di soddisfazioni, il 2016, in cui si continuano a pagare a caro prezzo gli errori delle stagioni precedenti. I ricordi di un passato sbiadito troppo presto e la rabbia di molti tifosi che restano ancora lontani dallo stadio. Come si conviene a un girone d’inferno, su MondoCatania abbiamo provato a raccontare tutto questo in terzine dantesche (agganciate a link attraverso i quali rileggere alcune delle principali notizie degli ultimi 366 giorni, ndr). Senza prenderci troppo sul serio, ma cercando di chiudere il 2016 con un sorriso: a volte amaro, a volte nostalgico, a volte semplicemente di speranza. La speranza di un 2017 migliore, in cui si possa finalmente uscire a riveder le stelle

 

Per te si va sui campi più indecenti,
per te si va al Granillo e al De Simone,
per te si va all’Inferno, o Pulvirenti.

Per te giochiamo il gioco del pallone
su spelacchiati campi di patate:
rendiamo grazie a te, capostazione!

Non più avversarie nobili e zebrate,
non sfide ai bianconeri Filadelfi:
or si va a Foggia, a prendere sassate.

Non più trasferte dove farsi un selfie
con sullo sfondo il Duomo di Milano:
ma le sedie di plastica di Melfi.

Matera, Vibonese, Unicusano
e l’avversario con cui giochi il derby?
Non mangiameusa, no: siracusano…

O aretusei, al vero calcio acerbi!
Chi lancia munizioni dagli spalti
come alla guerra tra croati e serbi;

ultrà ch’entrano in campo in quattro salti
con le sciarpette del color del puffo,
muovendo ai giocatori i loro assalti;

il giudice sportivo, o fatto buffo,
che commina un’ammenda da dileggio;
poi, l’orgogliosa boria di Cutruffo

Quasi vien voglia di rimpianger Reggio,
dove si ruba nello spogliatoio.
E forse ancor non è venuto il peggio!

O fragile mio cuor, benché di cuoio,
quant’è duro ai bei tempi dire addio,
e quanto amaro fiele adesso ingoio!

Né sol pensando a Peppe m’abbilìo,
onde un dì, nello stadio rosanero
rise Agatino e pianse Rosalìo;

né a quando, con Sinisa condottiero,
incucchiaiammo l’Inter di Mourinho
umiliando il portiere brasilero.

Non è per questo sol che m’ammaligno
come farebbe un figlio dell’evento,
bianconero del Borgo ovver del Pigno.

Non è ancora l’antico bollor spento
che ci condusse a Gangi o a Battipaglia,
a Bisceglie, a Tricase, a Benevento.

Non è il calcio dei ricchi che m’abbaglia;
in ogni serie, anche la più meschina,
m’importa sol la rossazzurra maglia.

Se perdonar non so la tua manfrina,
ti dirò, Pulvirenti, la ragione:
mi manca troppo l’arbitro Farina.

Farina, sì: quell’arbitro birbone
che innanzi al gol fasullo di Cambiasso
de’ nerazzurri s’inchinò al blasone;

e il Massimino non rispose abbasso
ma il punì con applausi e con canzoni
onde fuggì per sempre a viso basso.

Farina, poi Maggiani e Gervasoni,
Buffon battuto invano da Gonzalo,
i tempi in cui noi, poveri ma buoni,

subendo un furto a ogni arbitral regalo,
deridevamo il calcio disonesto
e il calcio sì che allora era uno scialo…

Potessi avere indietro tutto questo
basterebbero un Pisseri, un Di Grazia
a render lieto quest’anno bisesto.

Benché, quel calendario che ora spazia
tra giorni alterni e orari inverecondi
sia quel che più di tutto il cor mi strazia.

pochi spettatori vagabondi
sugli spalti bagnati col Monopoli,
la partita saltata contro il Fondi

per far festa a Matteo l’arruffapopoli,
il campo da calciotto a Francavilla…
Quanto ci costa, ahimè, la tua Calciopoli!

Triste è ascoltare il bianconer che strilla
vantando sue vittorie false e ladre,
senza l’antico orgoglio che vacilla!

Ahimè, Antonin, di quanto mal fur madre
non la tua confession, ma le mazzette
onde frodar volesti l’altre squadre!

E se pur ci chiediamo “chi vendette?”,
se vorremmo più giusta la giustizia,
di chi è la colpa di quel meno sette?

Pablo, ch’ora a Miami si delizia
non è lui forse causa del disastro?
E non sapevi tu la sua malizia?

Perché tardare nel saldare Castro
pagando ingaggi principeschi a Leto,
campione in Grecia, e qui rissoso impiastro?

Perché, facendo in campo pena e feto,
dover sempre vantare la Risorsa?
(E il giornalismo? Allineato e cheto…)

E quando finirà questa rincorsa
da dodici o da sette punti indietro?
Quando il passato allenterà sua morsa?

Saprà por fine il Direttore Pietro
agli sfasci del tizio in canottiera?
Sarà l’anno a venire meno tetro?

Il mio cuore tifoso non dispera,
se mi specchio negli occhi d’un Biagianti,
che sprezzò la sirena rosanera.

Se come lui sapesser tutti quanti
fare onore ai colori rossazzurri
forse avrebbero tregua i nostri pianti.

Urla di gioia sarebber, non sussurri
se il mio Catania riprendesse il volo,
perfino in questa serie da buzzurri.

Perciò mi siedo, aspetto e mi consolo
sognando un calcio povero e stupendo
come ai tempi di Ciceri e Spagnolo…

Ceterum censeo te esse pellendo.