La parabola di un presidente: dalla stelle alle stalle

Benedetto Napoli

Era il maggio del 2004 quando un giovane ed ambizioso Antonino Pulvirenti abbandonava l’Acireale (che lottava per i play-off in quella che all’epoca era la Serie C1) per prelevare il Catania dalle mani di Riccardo Gaucci. Coadiuvato dall’inseperabile braccio destro e grande amico Pietro Lo Monaco, promise la Serie A in tre anni.

Giusto ricordare come il parco giocatori che Gaucci lasciò alla società era del tutto inesistente e nella prima campagna acquisti arrivarono calciatori di categoria come: Pantanelli, Walem, Fresi, Vugrinec, Bianco, Bruno e Ferrante mentre dall’Acireale arrivarono Polito, Suriano, Lo Monaco, Anastasi, Paschetta e Russo. Primi sei mesi di campionato orribili, pochissime le vittorie e squadra che non trova la giusta amalgama. Costantini viene esonerato e al suo posto arriva il navigato Nedo Sonetti che con i rinforzi ottenuti dal mercato di gennaio (Jeda, Silvestri, Fernando, Cesar e Serafini) e l’esplosione di Fabio Caserta riuscirà a raggiungere un piazzamento tranquillo a fine campionato.

L’anno successivo sarà l’anno della storica promozione, dopo ventitré lunghissimi anni d’attesa per i tifosi etnei. La squadra guidata in panchina da Pasquale Marino ed accompagnata in campo da gente del calibro di Baiocco, Brevi, Sottil, De Zerbi, Mascara e Spinesi riesce ad ottenere la promozione diretta nell’ultima di campionato contro l’Albinoleffe. Al triplice fischio invasione di campo e caroselli per tutta la notte in città. La stella di Pulvirenti cominciava a salire alto nel cielo, era il presidente più amato dopo il mai dimenticato Massimino.

I primi sei mesi di A sono da ecstasy: la squadra guidata sempre da Marino non subì mutamenti radicali (arrivarono Stovini, Edusei, Izco, Colucci e Vargas e la sorpresa Morimoto) ed al giro di boa era al quarto posto in classifica. Catania ed i catanese sognavano, il presidente si trincerava dietro le parole dell’a.d. Lo Monaco ma anche a lui brillavano gli occhi osservando la sua creatura, ma il maledetto derby del 2 febbraio cambiò tutto. Costretti a giocare lontani da casa i rossazzurri entrarono in una spirale infinita di sconfitte e la partita dell’ultima giornata contro il Chievo Verona era un match da dentro o fuori. La decisero Rossini e Minelli che fino ad allora erano rimasti in disparte ma che grazie a quelle realizzazioni entreranno per sempre nella storia del club dell’elefante.

L’anno dopo Baldini subentrò a Marino, ma la sua esperienza a Catania durò poco. Il tecnico toscano viene ricordato più per il calcio dato a Di Carlo che per il gioco. Gli subentra Zenga che con molta difficoltà riesce a salvarsi nell’ultima in casa contro la Roma. Al gol di Martinez esplode il Massimino e le immagini vanno su un Pulvirenti trasfigurato dalla tensione che si lascia andare ad un lungo pianto. Per il secondo anno di fila missione compiuta.

Negli anni a venire arrivano allenatori che non riusciranno ad ingranare (Atzori e Giampaolo) ed altri che grazie all’esperienza vissuta alle falde dell’Etna spiccheranno il volo (Mihajlovic e Montella). Viene inaugurato il centro polifunzionale di Torre del Grifo e le cessioni di Vargas, Martinez e Silvestre sono preziose plusvalenze. Il Catania come l’Udinese è un modello del calcio italiano. I media celebrano la creatura di Lo Monaco e Pulvirenti, i tifosi osannano quest’ultimo.

Nel maggio del 2012 la coppia d’oro si separa. Una separazione brusca e per certi versi inaspettata. Lo Monaco esce e gli subentra Gasparin tra lo scetticismo generale. Anche Montella saluta; l’aeroplanino aveva trasformato il Catania nel piccolo Barcellona lanciando gente come Bergessio, Barrientos e Gomez ed al suo posto subentra lo sconosciuto Maran. Nonostante questi preamboli quella successiva sarà la stagione dei record. Il Catania offre un gioco spettacolare e sfiora l’Europa League, si piazza all’ottavo posto in classifica e stabilisce il record di punti.
La stella di Pulvirenti brilla alta nel firmamento, ma a cadere dalle stelle alle stalle ci vuole poco e la scellerata scelta di sostituire Gasparin con Cosentino ha affrettato il tutto.

Gli ultimi due anni li conosciamo: l’anno scorso la retrocessione in B in uno dei campionati di Serie A più scarsi dell’ultimo ventennio. Si ricomincia con 10000 abbonati e con una squadra che sembra debba fare di un solo boccone questo campionato, ma la storia è ben nota. Lo stravolgimento di gennaio non serve e per ammissione dello stesso Pulvirenti solo grazie alle cinque partite comprate si riesce a evitare la retrocessione.

La tifoseria che prima acclamava il presidente ora lo contesta duramente, i cori d’amore si sono trasformati in cori rigonfi di odio. Già dallo scorso anno si chiedeva l’allentamento di Cosentino, ma il presidente che prima dialogava con la piazza improvvisamente è diventato più testardo di un mulo, difendendo spesso l’indifendibile fino a risultare arrogante ai più. Una storia d’amore finita che non si potrà risanare mai più; il Catania quasi ogni giorno è sulle prime pagine dei giornali nazionali ma per motivi che non hanno niente a che vedere con il calcio pulito.

Tutto quello che Pulvirenti aveva dato alla piazza di Catania se lo è ripreso, e considerando la possibilità che si riparta dalla Lega Pro (a voler essere ottimisti) purtroppo probabilmente recupererà tutto con gli interessi.