Pari e penalità azzerata: niente festa
Solo fischi per l’occasione sprecata

Marco Di Mauro

Il Catania annulla la penalizzazione in classifica. Trascorse sei giornate d’attesa, culminate col pareggio striminzito ottenuto contro il Fondi, il raggiungimento del primo obiettivo stagionale viene accolto dai fischi del Massimino e col rammarico della squadra per l’ennesima vittoria mancata. I rossazzurri faticano tatticamente e recriminano soprattutto per un rigore su Calil, a tempo quasi scaduto. Pochi minuti prima Pisseri aveva salvato l’1-1 finale sulla conclusione di Albadoro. 

Rischiava di essere un’altra sconfitta, ma a differenza di quella arrivata solo nel finale contro l’Akragas – domenica scorsa – stavolta non sarebbe stata una beffa. Al Massimino il Fondi gioca meglio del Catania: è più organizzato e compatto, l’intesa tra reparti funziona meglio e le trame di gioco fanno spostare i calciatori rossazzurri a piacimento del tecnico ospite. Sandro Pochesci sente di avere fatto un tale figurone da potere dire, dopo la partita: «Il Catania queste gare deve vincerle».

Amen. Una frase ovvia, che non lo è più se vien fuori dalla bocca dell’allenatore che non t’aspetti. In casa Catania, più che sulla pochezza di gioco dimostrata, si punta il dito verso gli episodi. Non i soli due tiri nello specchio collezionati in 90′, ma la sfortuna per le due traverse prese (una sola clamorosa) e l’ingiustizia per almeno un rigore non concesso dall’arbitro Camplone. Per intenderci, uno di quegli arbitri che, in serie A, sarebbero stati definiti con disprezzo: «arbitro da serie C».

Eppure, prima di dipendere dal fischietto dell’arbitro, la vittoria sfugge al Catania quando ce l’ha tra le mani. All’ottavo minuto Fornito tira fuori dalla manica un asso vincente. Tiro a effetto dalla distanza che si insacca sul palo di Baiocco. Anziché approfittare della mancata reazione ospite, il Catania attende Non si capisce bene  cosa. Di certo permette a Pochesci di rimettere insieme le idee e scoprire sulla corsia di destra dei rossazzurri il loro punto debole: la catena difensiva Nava-Biagianti.

Piazzato da quelle parti Calderini, si è trattato solo di farlo cannoneggiare in attesa che il muro venisse giù. Passata una buona mezz’ora di bombardamento, senza che Rigoli riuscisse a far capire ai suoi come evitare il peggio, la difesa è venuta giù. Nava ha perso Calderini, l’ex rossazzurro ha messo al centro un cross preciso e il piccolo attaccante Tiscione è riuscito a far gol di testa in mezzo alle pertiche rossazzurre. Metafora di un Catania che riesce a far sembrare grandi anche avversari che grandi non sono.

Con Barisic, Di Cecco e Russotto in campo nel secondo tempo (al posto di Paolucci, Bastrini e Fornito), i rossazzurri non costruiscono più di quanto non fossero riusciti a fare nel resto della partita. Scoppa, che dovrebbe accendere la luce della manovra, brancola nel buio. Paolucci e Calil pare si muovano per i fatti loro. Il resto è conseguenza: un solo tiro in porta e il Fondi che, in contropiede, maledice la prontezza di Pisseri che chiude lo specchio sulla conclusione ravvicinata di Albadoro.

Qualche minuto dopo arrivano le recriminazioni di Calil per un rigore mancato. Episodio chiaro sia a Pochesci che a Rigoli, che lo vedono dalla panchina: «Rigore dieci volte su dieci». L’arbitro Camplone, che si trovava sul luogo del delitto, giura invece di non avere visto né sentito nulla. Come se da quelle parti non ci fosse stato. Di certo, se c’era – come il collega guardalinee che nella partita con l’Akragas ha annullato la rete di Calil -, nella migliore delle ipotesi dormiva.

Alla fine è 1-1 e non può essere festa. Il pubblico rumoreggia e poi fischia. La squadra esce a capo chino e in sala stampa solo il giovane Di Grazia trova la personalità per non nascondere nulla: «Per noi, questo pareggio è come una sconfitta. Ci aspettavamo altro». Nel doppio turno interno, che metteva in palio sei punti, il Catania ha ottenuto un pareggio e una sconfitta. La penalizzazione è annullata, ma continuando a sprecare queste occasioni, pare difficile immaginare di tagliare altri obiettivi oltre il primo, raggiunto ieri.