Sannino, l’unica e l’ultima possibilità

Marco Di Mauro

Già all’esordio in panchina è il Sannino che ci s’aspetta. Vive la partita. Un minuto di gioco ed entra già in collisione col quarto uomo. Dal colloquio ne vien fuori un patto di non belligeranza che include libertà relativa anche per Novellino. Guai per i giocatori che giostra dalle sue parti: richiama Peruzzi e Chrapek alla marcatura, indica la giocata a Leto, incoraggia Rosina, urla facendosi sentire anche da Monzon e Castro, che iniziano il primo tempo restando troppo larghi sulla corsia opposta.

E’ una squadra improvvisata quella che è costretto  metter in campo per il suo esordio al Massimino. Il nuovo allenatore del Catania lo sa, bene, che Chrapek non è un mediano, Martinho e Rosina non son certo interni di centrocampo. Forse lo son più Leto e Castro, che giocano da esterni. Ed allora accompagna la squadra in ogni sua giocata, sempre fuori l’area tecnica, frenato solo dalla presenza della giacchetta nera che fa da boa di centrocampo, tarpandogli l’intenzione di andar a battere un angolo, od una punizione, ‘per come andrebbe battuta’.

I dettami di Sannino sono semplici: Non c’è necessità di giocare palla a terra se questo comporta un rischio funzionale solo all’estetica. Vale per la difesa, il centrocampo, meno per l’attacco. La ricostruzione di Sannino parte dall’irrobustire la linea di fronte la propria area. Giocate semplici e nessun veto sullo spazzare l’area ‘come viene’. In soli tre giorni non è arrivata ancora all’area opposta. Gli attaccanti godono di libertà di giocata e conclusione che, lo si nota nelle occasioni più importanti, lascia inespresse soluzioni più efficaci.

Anche in questo la giustificazione di due zeri, quelli del risultato, che premiano tanto la difesa quanto pongono l’evidenza su quel che prima era un vanto ed ora è divenuto un altro problema da risolvere. Attacco a zero da due gare dopo esser stato, per le prime due giornate, il più prolifico della categoria. Sannino prova a cambiare, fuori Leto per Marcelinho, fuori Castro per Cani, ma fuori anche Chrapek per Capuano che, nel ruolo di regista, mostra come adattandosi alla serie B è facile adattarsi ad ogni ruolo.

Nel secondo tempo, tocca a Monzon e Castro ricevere le invettive più acute. Cambiata fascia, non cambia l’intensità dei richiami e della mimica dell’allenatore. Salta come una molla quando Castro va ‘mollo’ sul pallone. Tiene alta l’attenzione, prova ne è la risposta della linea difensiva, sempre pronta. Dice, in conferenza stampa, di sentirsi il ‘papà’ dal quale i figli dovrebbero prende esempio. A volte basta un’occhiata, altre deve entrare in campo per farsi seguire. Quando l’arbitro si accorge che ormai è il dodicesimo, lo manda fuori insieme a Novellino. Fine della tregua. 

Il pubblico lo applaude mentre imbocca il sottopassaggio. Anche Sannino ha giocato la sua partita, ha provato ogni via per aggirare le difficoltà date da una formazione depressa, stanca, numericamente insufficiente a sostenere il gioco che ha in testa e caratterialmente tenuta viva solo dalla spina che si stacca quando Sannino esce dal campo. Il calo di tensione è evidente, tanto che, con Sannino lontano, arriva anche la traversa degli ospiti, l’occasione più importante, l’unica distrazione concessa.

Impressione? Squadra e tifosi si fidano entrambi della medesima persona, adesso. Evidenza scandita tanto dai comportamenti e dalla reazioni in campo che dai cori e dagli umori che il pubblico riversa, diversamente, su allenatore e squadra. Il compito del corso tecnico di Sannino sarà anche quello di riuscir a far riamare nuovamente questa squadra ai suoi tifosi. Si pone come l’unica soluzione rimasta ed anche l’ultima soluzione possibile alla quale lavorare, adattandosi, affrontando il momento, superando le difficoltà, insieme: in campo e fuori.

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