Scoppa, il nuovo regista si racconta
«Se non passano la palla, me la prendo»

Gianmarco Puglisi

È argentino, come Carboni e Ledesma, il nuovo regista del Catania. Federico Matias Scoppa, classe 1987, lascia l’Argentina per continuare a girare il mondo. Approda in rossazzurro, dove in passato si sono fatti onore tantissimi suoi connazionali. Attraverso alcune interviste rilasciate durante alcune tappe della sua carriera, il calciatore racconta di sé anche al pubblico catanese.
Nel suo passato, quando giocava nel Santamaria, Scoppa ha sperimentato sulla pelle cosa significa avere alle spalle un club poco organizzato. «Se non vengono pagati gli stipendi, se mancano le infrastrutture adatte per allenarsi e giocare, tutto questo incide sulla squadra. La disorganizzazione, all’interno di un club, pregiudica il rendimento sul campo perché toglie serenità al calciatore. Quando quest’ultimo può pensare solo a giocare, tutto può andare per il verso giusto». Il centrocampista racconta che, quando il pullman ebbe un guasto, lui e i suoi compagni furono costretti a pagare di tasca propria dei taxi per raggiungere lo stadio.
Nella sua carriera ha girato il mondo dando calci a un pallone. Portogallo, Finlandia, Ecuador, Cile senza dimenticare l’Argentina di cui è figlio. «Si può e si deve sempre migliorare, individualmente – dice – Anzitutto però, è necessario adattarsi alla categoria e al campionato per rendere al meglio». Proprio i continui spostamenti, e i diversi stili di gioco incontrati, avrebbero irrobustito il suo bagaglio tecnico: «Negli anni in cui ho giocato lontano dall’Argentina, ho dovuto confrontarmi con un calcio in cui più che giocare col pallone gli si correva dietro. La componente atletica era predominante. Questo ha aiutato, a un giocatore più tecnico come sono io, a divenire un po’ più completo ed a migliorare».
Delle sue caratteristiche da regista, non fa mistero. «A me piace molto giocare la palla, ma ho capito che non è possibile farlo sempre e comunque. Però odio quando chiedo palla ai compagni più di una volta e loro non me la danno». In campo è stato schierato quasi sempre al centro della mediana, davanti alla difesa o dietro le punte, con la maglia numero 5. «Mi sono sempre definito come un numero cinque di gioco. Col tempo però, ho imparato anche a spezzare quello della squadra avversaria, recuperando il pallone anziché aspettarlo dai miei compagni». Sulla linea mediana potrebbe ricoprire anche altri ruoli: «Sono duttile, quel che importa è avere un buon dialogo con l’allenatore per capire cosa vuole».