Caserta e il ricordo di una trasferta felice: quando quella strada portava a Roma…

Claudio Spagnolo

Quando sento parlare di Caserta mi torna in mente una mattina di trentaquattro anni fa. Trentaquattro, proprio, non uno di meno. Era l’inizio dell’estate, il pullman correva da ore verso nord. Durante la notte aveva dovuto districarsi alla men peggio lungo quella trazzera, impropriamente chiamata autostrada, che unisce Reggio Calabria a Salerno. Finalmente, all’altezza di Caserta o giù di lì, ci trovammo davanti una strada vera. Tre larghe corsie d’asfalto, un lungo rettilineo che, ai miei fin troppo giovani occhi di quel tempo, sembravano proprio l’inizio di un altro mondo. Anche davanti a noi, quella mattina, si disegnava l’inizio di qualcosa che non avevamo ancora visto. Se avevamo corso per tutta la notte in pullman, era perché Roma ci aspettava. E, davanti e dietro a noi, correva una lunghissima teoria di pullman identici al nostro, tutti colorati di rossazzurro, tutti carichi di speranze, tutti gravidi di un futuro che, pensavamo allora, non poteva che esser felice.

Ricordo che ci fermammo a un autogrill a far colazione. E che ciascuno di noi incontrò la sua parte di parenti, amici e conoscenti, imbarcati a loro volta su altri pullman diretti verso la serie A. Chissà perché, più delle bandiere rossazzurre – di cui quel giorno Roma e le vie che a Roma portavano erano piene – la mia memoria, di quella mattina, ha conservato un souvenir strano, vagamente sinistro e comunque non proprio di buon gusto: un largo foglio, distribuito da non so chi in un gran numero di copie, listato a lutto con il più innocente degli annunci mortuari: quello che già anticipava la dipartita (puramente sportiva, ben s’intende) del nostro avversario di quel pomeriggio, la vittima sacrificale della nostra inevitabile vittoria che si chiamava, quel giorno, Cremonese.

Adesso ci tocca, dunque, ripassare da Caserta. Dove stavolta il Catania, peraltro privo di tifosi al seguito, dovrà proprio fermarsi per disputare una specie di spareggio, che potrebbe eventualmente consentire di accedere ad altri spareggi. Spareggi teoricamente facili da conquistare (ci arrivano una decina di squadre per ogni girone, non arrivarci è un’impresa di cui non tutti sarebbero capaci) ma, comunque, molto più difficili da vincere (e vallo a vincere, un minitorneo di trenta squadre). Spareggi ai quali, quando pure ci arrivassimo, non sappiamo bene cosa ci giocheremmo. Poiché da troppo tempo siamo costretti a guardare con distratta sufficienza a ciò che accade in campo. Sapendo, purtroppo, che le partite decisive si giocano altrove, si disputano con le armi delle fedejussioni, degli adempimenti fiscali, del credito bancario. Caserta, stavolta, non sarà una tappa verso nessuna Roma. Ma solo un’altra stazione di questo lungo viaggio nel tunnel in cui siamo imbucati da quattro anni, senza ancora aver capito se e dove sbucherà.