La corsa immobile tra Catania e Lecce: tra speranza e paura, domani si replica

Stefano Petroni - flickr.com
Claudio Spagnolo

E insomma, l’abbiamo capito: ben che ci vada, e ci dovrebbe andare davvero bene, il menu delle prossime settimane sarà – con ben poche varianti – lo stesso di quest’ultima. Che ci ha presentato un sabato di attesa, una domenica di inspiegabile ma se non altro fruttuosa sofferenza, un lunedì dapprima di sollievo e poi di nuovo di attesa, e un paio di orette serali all’insegna di una  sana, sincera e purtroppo sterile gufata. Un menu che ci ha quindi lasciati, alla fine, con la stessa fame di prima. A conferma del perfetto e beffardo parallelismo con cui Catania e Lecce stanno affrontando queste ultime settimane di campionato. Fermandosi insieme, quando c’è da fermarsi. E ripartendo di pari passo se c’è da ripartire, in modo da lasciare inalterate le distanze: sette punti, sempre quelli, quando alla fine del campionato rossazzurro mancano otto partite, e a quello del Lecce solo sette.

Una corsa a due, con punteggi in classifica numericamente rispettabili e però, da alcune settimane, una corsa immobile. Il Catania, come sappiamo, domenica ha vinto di misura contro un avversario cento volte più scarso, che dopo i due gol da Curiale poteva prenderne un terzo dallo stesso Curiale e un altro ancora da Di Grazia. Ma che invece si è visto regalare, nell’ordine, un calcio d’angolo di rara stupidità, un improvviso imbrocchimento dell’intera difesa che ha trasformato questo calcio d’angolo in un gol, e perfino un finale di partita in cui gli avversari, sia pur ridotti in dieci uomini, si sono permessi di metterci paura fino all’ultimo secondo. E ha dovuto metterci una pezza Matteo Pisseri detto Santo, con uno di quei prodigi cui l’anno scorso ci aveva abituato. Fermando con corpo un tiro assassino scagliato da quatro passi da tale Sparacello. E facendoci dimenticare in un momento le occasionali, umane debolezze che avevano caratterizzato l’ultimo suo scorcio di stagione.

Del Lecce, invece, leggo che ha vinto facendo poco più che un tiro in porta in tutta la partita. Cosa che non capita per la prima volta e che non ho ancora ben capito se sia un difetto – come in cuor nostro continuiamo ancora a sperare – o non invece un pregio: perché se è vero che solo i maccheroni riempiono la pancia, nel menu somministrato quest’anno ai tifosi salentini questo primo piatto semplice e nutriente è stato servito fin troppo spesso perché la cosa appaia casuale. Mentre noi, e non una sola volta, siamo rimasti a digiuno proprio nelle giornate in cui ci aspettavamo una scorpacciata di gol. Senza dire che l’avversario di lunedì del Lecce, il Cosenza, qualche settimana fa ci aveva fatto lo sgarbo di prendere un punto al Massimino. E non ha purtroppo saputo far lo stesso coi nostri rivali.

Niente da fare, dunque: il menu ci si ripropone tra mercoledì e giovedì. Pressoché invariato nell’ordine delle portate, pur con una diversa distribuzione delle difficoltà. Mercoledì pomeriggio la nostra trasferta a Bisceglie, campo difficile. E il turno del Lecce, sulla carta molto più agevole, sul suo campo, contro la Fidelis Andria. La ragione a questo punto del campionato sembrerebbe dire che, più che estenuarsi a inseguire la capolista, si dovrebbe pensare a mantenere l’andatura per arrivare ai play off da secondi, che è comunque meglio di niente. Sarà, ma chi dà ascolto alla ragione quando la matematica non ha ancora detto l’ultima parola? Il fatto è che mai come quest’anno, da quando per colpa di qualcuno siamo finiti in serie C, l’ipotesi di risalire ci è parsa tutto sommato così vicina. E che mai come quest’anno, quindi, la serie C ci fa male. Centuplicando la nostra voglia di scapparne via. Ed esponendoci a queste faticose alternanze di illusione e di rabbia, a queste docce scozzesi di impotenza e di speranza. Alle quali, nonostante tutto, non riusciamo ancora a rinunciare.