STAMPA – Il giorno del “Clamoroso al Cibali”

Redazione

CATANIA – Come di consueto proponiamo a tutti i lettori rossazzurri la rassegna stampa con le notizie più importanti presenti oggi nelle edicole nazionali e non. Gli articoli riportati sono stralci degli originali, non volti a sostituirsi a questi, pertanto invitiamo ad approfondire i contenuti presenti acquistando i giornali in rassegna.

“Clamoroso al Cibali…”, Mario Castellazzi nella leggenda del calcio (Città della Spezia)

La frase del telecronista Sandro Ciotti 52 anni fa passò alla storia per il gol dell’ala simbolo del football spezzino. La vendetta contro Helenio Herrera, nel racconto di quel mitico giorno.

Catania, 4 giugno 1961:  cinquantadue anni fa. Al “Cibali” va in scena l’ultima giornata di campionato che vede opposti i padroni di casa all’Inter di Helenio Herrera. Gli etnei stazionano nel centro classifica ed hanno già festeggiato la salvezza; i nerazzurri sono invece secondi in classifica, staccati di due punti dalla Juventus capolista e quindi ancora in corsa per lo scudetto. Oltre alla sfida con i siciliani, a tenere vive le speranze di Picchi, Corso e compagni c’è ancora la sfida da recuperare proprio contro la Juve, rinviata in precedenza per invasione di campo. A dispetto delle apparenze e delle abitudini mal consolidate del calcio odierno, che vedono la squadra già salva fare da semplice comparsa e perdere la partita senza colpo ferire, a Catania quel giorno tira una brutta aria per la formazione lombarda. Di più: a Catania c’è sete di vendetta. Fra gli undici in maglia rossoazzurra che scendono in campo c’è anche Mario Castellazzi, oggi icona del calcio spezzino, allora scattante ventiseienne ala d’attacco. E’ lui a spiegarci il perché di tanto astio e a ripercorrere quella giornata che sarebbe entrata nella storia del calcio italiano. “Quando nel girone d’andata ci presentammo a Milano, eravamo secondi in classifica a due soli punti dall’Inter. Pur partendo con l’obiettivo di salvarci, avevamo fatto un ottimo avvio di stagione, smentendo qualsiasi pronostico. Se quel giorno avessimo vinto, avremmo potuto chiudere campioni d’inverno assieme ai nerazzurri: un risultato impensabile per una neopromossa come noi. Solo che la partita andò male, e perdemmo con un sonoro 5-0, frutto di addirittura quattro autoreti. Ma la colpa di quella sciagura sportiva non fu tutta nostra: a Milano faceva molto freddo e trovammo il campo per metà ghiacciato e per metà fangoso. Non avevamo le scarpette con i tacchetti giusti, e nessuno di noi riusciva a stare in piedi”.

Oltre al danno, ecco la beffa: Helenio Herrera, nelle dichiarazioni post partita, definisce la compagine siciliana come composta di “postelegrafonici”: “Non ci andò giù il modo in cui Herrera ci apostrofò. Non eravamo una squadra all’avventura, sapevamo il fatto nostro. Avevamo disputato una bella stagione battendo ad esempio 4-3 il Milan di Altafini e Liedholm, vincendo col Napoli e facendo il colpaccio esterno col Bologna di Bulgarelli e Luis Vinicio. Volevamo dimostrare che quella gara era stata soltanto un episodio, un incidente di percorso”.

Ecco il casus belli, ecco il perché di tanto risentimento: “Prima della partita mister Di Bella – prosegue Castellazzi – ci disse poche chiare parole: “Sapete cosa fare: oggi avete la possibilità di dimostrare ad Herrera se è vero o no quello che ha detto su di voi”. E noi giocammo la partita della vita”. Di fronte a migliaia di persone, sotto un sole cocente, il Catania si andò a riprendere quanto gli spettava: “Avevamo grandissima fame e voglia di manifestare chi eravamo realmente. Ricordo che eravamo sereni e liberi mentalmente, e tutto quello che provavamo, ci riusciva. Abbiamo giocato una partita di tecnica e di cuore, e i giocatori dell’Inter rimasero impietriti, non aspettandosi un impatto del genere da parte nostra”.

[…]

Dopo i due anni di Catania, Castellazzi si trasferì prima a Livorno e poi a Pistoia, fino a tornare e chiudere la carriera in riva al Golfo, dove nel corso degli anni ha messo su famiglia e si è definitivamente stabilito. Uno spezzino acquisito, ‘Castello’, innamorato di una terra e di una maglia che ancora oggi segue con passione. Uno spezzino acquisito che è facile sentir parlare e discutere ‘di Spezia’ assieme agli amici nei bar e nei crocicchi delle vie del centro, che ha saputo costruirsi una buona carriera da calciatore, rimasta indelebile nella storia pallonara del nostro paese per un qualcosa di clamoroso, per quel Catania-Inter di quel 4 giugno del 1961.

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