Adrian Ricchiuti

Nome: Adrian Ricchiuti
Nazionalità: Argentina
Nato il: 30/06/1978
Numero: 19
Altezza: 168cm
Peso: 70Kg
Esordio: 30/06/2009


LA BIOGRAFIA

Caratteristiche

Adrian Ricchiuti, argentino di Lanus, nasce il 30 Giugno del 1978, esattamente 5 giorni dopo il trionfo mondiale dell’ Argentina di Kempes, Bertoni e Passarella, e nello stesso sobborgo di Maradona, con l’unica differenza che il Piede de Oro vivrà a Villa Fiorita, Ricchiuti a Oest Lanus. “Noi vivevamo in una casa normale e l’ essenziale non ci è mai mancato”.

Entrambi numeri 10. Il parallelismo sarà inevitabile: “Il raffronto con Maradona non regge, Diego è e rimarrà inavvicinabile. No, non penso che “certi” paragoni mi abbiano danneggiato, non ho mai badato a questa cosa. Io e Diego siamo nati a Lanus, altro in comune non abbiamo. Punto”.
Racconta della sua giovinezza in argentina, e del mito Maradona: “Giocavamo scalzi nelle strade, con i maglioni come pali delle porte. Cercavamo di rifare il gol all’ Inghilterra, nel Mondiale ‘ 86. Impossibile. Per me la prodezza più inspiegabile era però la rete su calcio a due in area che Diego segnò una domenica alla Juve”

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Intanto Maradona vinceva il Mondiale: “Lui era tutto. Ero nelle giovanili del Lanus e ogni tanto mi spingevo alla Bombonera per vedere il Boca”. In realtà la sua squadra del cuore era il Lanus, ma simpatizzava anche per l’Independiente poiché il suo idolo era Bochini.
“Diego lo vidi un giorno a Ezeiza, l’ aeroporto di Buenos Aires. Assieme a papà avevo accompagnato una zia all’ imbarco su un volo per l’ Italia. Apparve Maradona, circondato dalle guardie. Ero piccolo, riuscii a infilarmi ed a toccarlo. L’ autografo lo ottenne mia zia, sull’ aereo”.
“Lo conobbi di persona nell’Agosto del 2007, a Cesenatico. E’ stato Salvatore Bagni ad invitarmi mentre Diego giocava con alcuni bambini della scuola calcio. . Sono andato a salutarlo e mi sembrava di parlare con uno
che conoscevo da anni. Lo confesso, mi tremavano le gambe. Lui, invece, mi è venuto incontro sorridendo. Mi disse che aveva sentito parlare di me e che con Bagni era già venuto a vedere una partita del Rimini di nascosto. Grande Diego, ho passato uno dei pomeriggi più belli della mia vita. Conservo gelosamente alcune fotografie. Non è solo un campione. E’ anche un uomo vero”.

Quel soprannome se lo portò dietro anche a Rimini: “All’ inizio mi infastidiva il soprannome di “Maradona di Rimini”. Ora mi fa solo sorridere. I primi tempi ci soffrivo perché il pubblico si aspettava chissà cosa da me, oggi ormai lo sanno tutti che come Maradona non c’è nessuno; è stato il calciatore più forte di sempre. Davanti a Zidane e Ronaldinho. Nel campionato italiano, invece, ho un debole per Kakà. In serie B stimo De Zerbi del Napoli, Lodi del Frosinone e Paonessa del Vicenza, oltre a Vannucchi”:

L’ultimo aneddoto, che in un modo o nell’altro appartiene alla sfera “Maradona”, rimanda alla sua prima apparizione al San Paolo, contro il Napoli: “Pochi sanno che dentro il San Paolo c’è una stanza dove il custode
ha appeso alle pareti le foto di Diego con i palloni e le maglie autografate da lui. Quel signore ha voluto anche la mia fotografia e la mia maglia e le ha messe lì, in mezzo ai ricordi di Maradona. Per me è un onore che non so spiegare”

Arriva in Italia a soli 11 anni, seguendo il padre in cerca di lavoro. La storia della sua famiglia parla di emigrazioni, crisi economiche e ritorni. I nonni paterni, Armando Ricchiuti, originario del Molise, e Luisa Carovigli, partirono insieme per l’ Argentina nel 1946. Sbarcati a Buenos Aires, aprirono un negozio di alimentari a Lanus. Ebbero dei figli, tra i quali Cino Ricchiuti che si sposò con un’ argentina di origini italiane, Norma Macchiaroli. Dalla loro unione nacque Adrian. A Lanus il papà faceva il carrozziere ma, a causa della crisi economica che cominciava a strangolare l’ Argentina, nel 1990 portò in Italia l’intera famiglia (Adrian ha una sorella, Fabiana). I Ricchiuti si sistemarono a Forano, in provincia di Rieti.
A 18 anni Adrian Ricchiuti acquisisce la cittadinanza italiana mentre entra nel mondo del pallone a 16, quando nel 1994 veste la maglia delle giovanili della Ternana.

“Non ho più il passaporto argentino, ho quello italiano e basta. Mi sento italiano, anche calcisticamente, pur considerando che l’ Argentina resta il mio paese di nascita e che là ho mia sorella e i miei nipotini, ma sono sincero: quando si gioca Italia-Argentina, il mio cuore batte per la seleccìon”
E’ l’argentino con la più lunga militanza nel campionato italiano, secondo è Zanetti, dell’Inter, arrivato dal Banfield nel 1995. Nel corso della sua lunga militanza al Rimini viene “El Chico”, il ragazzo, un altro suo soprannome gli viene affibbiato durante la sua parentesi al Genoa “Maradonito”, ed anche “U figgieu” (“il figlio” intendendo il “figlio di Maradona”).

Nell’ottobre 2008, insieme ad alcuni suoi compagni di squadra del Rimini è protagonista di una vincita al SuperEnalotto, grazie ad un 5+1 che valse 1,172mln di euro. La schedina vincente, frutto di maxi-sistema a 28 quote, era stata cquistata da un gruppo di 20 giocatori, un massaggiatore e un magazziniere. La notizia della vincita arriva ai giocatori sul pullman che li riporta a Rimini dopo la sconfitta contro il Frosinone: “Eravamo talmente giù per la sconfitta – dice Ricchiuti – da non riuscire a gioire. Ai soldi tutti avremmo preferito i tre punti. Avevamo deciso di puntare 10 euro a testa su un sistema a quote e abbiamo vinto 57 euro. Li abbiamo investiti sull’ estrazione di Sabato e ci è andata molto meglio”. Circa 40 mila euro, equamente divisi nel gruppo, circa 2 mila euro a testa: «Ma c’ è chi non ci ha creduto, non ha voluto puntare sulla fortuna e ora si mangia le mani – ride il capitano -. Che cosa faremo di questi soldi? Potremmo rigiocarli perché il 6 supermilionario non è uscito nemmeno nell’ ultimo concorso. Oppure potremmo aiutare qualche associazione benefica».

Dirà del mestiere di calciatore: “La vita del calciatore è bella ma piatta, quando torni a casa hai bisogno di una persona vicino a te con cui parlare e che ti dia tranquillità. L’importante è che sia la persona giusta”.

Così si sposa a 21 anni con Rosalba, conosciuta a Genova nel corso della sua militanza col Genoa ma Sampdoriana, dalla quale ha due figli, Martina la primogenita ed il secondogenito Vincenzo, il cui nome è dedicato a Vincenzo Bellavista, presidente del Rimini scomparso nel 2007 a cui Adrian era particolarmente affezionato.
Nel maggio del 2008, ad un anno dalla scomparsa, Ricchiuti gli indirizza una lettera:
“Al mio presidente dal suo capitano,
Ricordo che fino a dodici mesi fa mi sentivo chiamare così, capitano, dal mio presidente. E’ passato un anno e ancora il mio ricordo di un grande uomo è sempre con me.

Caro mio presidente è passato un anno da quando ci ha lasciato, non è stato facile far passare i giorni, i mesi, gli attimi, le partite il sabato giocate in casa. Confesso l’occhio mi è sempre caduto lì, in quell’angolo dello stadio, dove c’è la sua sedia sulla quale stava per guardare noi, i suoi ragazzi. So, o meglio, sono convinto che in quell’angolo tanta gente vive il suo ricordo, mentre io quando gioco la vedo sempre lì seduto che ci guarda.
“Ha lasciato tanto, troppo. Una famiglia fantastica, grandissima e tanto forte, che ha avuto il coraggio di reagire con dolore, ma almeno provando ad andare avanti. Una passione grande quella del calcio ha regalato a tutti gli amanti del Rimini dei sogni e concretamente li ha realizzati. Ci ha fatto divertire riempiendoci di grandi soddisfazioni. Ci manca presidente… A me personalmente manca tanto anche se la porto sempre con me, perchè mi ha lasciato tanto. Sarebbe troppo lunga la lista da fare perchè sono doni, quelli che lei mi ha lasciato, che egoisticamente non voglio condividere con nessuno. Sono miei come il mio ricordo nei suoi confronti che mi porterò dentro oggi, domani e sempre… Ciao mio presidente”.

Due gli allenatori importanti nella sua carriera: “Cabrini (Arezzo) era uno di noi, andavamo a fare allenamento col sorriso, ci faceva divertire. In più era appena arrivato Mancini alla presidenza, ogni settimana pagava gli arretrati ai giocatori che erano lì dall’anno prima e questo contribuì a sollevare il morale. Acori(Ternana e Rimini) invece è l’allenatore che mi ha fatto debuttare a 16 anni, gli devo molto”.

Serse Cosmi disse di lui: “un giocatore che più sale di categoria e più gioca meglio”. Ricchiuti commenterà: “Lo ringrazio, la penso come lui. In B tante squadre mi marcano a uomo, in A magari succederebbe di meno. E poi avere accanto dei compagni di maggiore qualità, che ti mettono la palla dove vuoi, sarebbe di sicuro un aiuto importante”.

E’ il classico numero 10, trequartista, nel passato molti allenatori provarono a schierarlo come esterno, poiché la figura del rifinitore non andava di moda: ““La gente sta riscoprendo i trequartisti, chi va allo stadio vuole vedere le giocate divertenti, non undici persone che corrono e non toccano mai la palla. L’esasperazione del risultato non fa bene al calcio, rischiamo che non piaccia più a nessuno”.

Il suo meglio lo esprime nel 4-2-3-1, o comunque nei moduli che lo vedono giostrare alle spalle delle punte, nonostante spesso si defili a destra od a sinistra per effettuare cross od invitare i compagni alle sovrapposizioni.

Le due caratteristiche tecniche sono: “velocità, dribbling secco, visione di gioco, tecnica sopra la media”. Il suo compagno di camera ai tempi del Rimini, Jeda, dirà di lui: “è di una generosità assoluta, anche dentro il campo. Ad entrambi piace giocare palla a terra e sappiamo aiutare la squadra anche in difesa”.

Carriera

In argentina milita nelle giovanili del Lanus. Trasferitosi in Italia inizia la sua carriera professionistica in serie D, con la Ternana, dove trova come allenatore una figura fondamentale nel e per il suo futuro, Leonardo Acori, che subentra dopo due mesi a Paolo Ammoniaci ma viene presto sostituito da Massimo Silva, che porta i rossoverdi al secondo posto del loro girone, contribuendo a creare i presupposti per il ripescaggio in serie C2.

Tanta gavetta, gioie e dolori, ma anche tante rivalse e soddisfazioni nel corso della sua “love story” Italiana: l’Italia lo adotta nel 1995, e lui, sembra non volersene mai più separare. In quell’anno approda alla Ternana, rimanendovi per due stagioni. Un lungo peregrinare tra Serie B e C1, con le maglie del Genoa, Carpi, Pistoiese, Livorno ed Arezzo. Poche occasioni per dimostrare il suo talento cristallino, soprattutto in “quel” di Genova, dove colleziona solamente 11 presenze (1 in Coppa Italia), senza timbrare nessuna rete. In quattro anni timbra solamente una rete in 34 partite. L’anno successivo infila 19 presenze (tra campionato e Coppa Italia, 2) ma nessun goal, sempre con la Ternana (allenatori Silva, poi Spinosi, infine Pierini). La sua carriera prende comunque una svolta, viene notato dal Genoa che lo porta nelle sue giovanili pagando mezzo milardo di lire al club umbro. Bastano 4 partite con la Primavera per comprenderne il talento, eccolo promosso immediatamente in prima squadra. Poi un infortunio ai legamenti ne blocca l’ascesa, ma si riprende in fretta, tanto da meritarsi il soprannome di “Maradonino” quando, il giorno del suo esordio in serie B, come racconta la stampa:

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Lo stesso giornale, a distanza di anni, riprenderà l’articolo in questa maniera: “Domenica 6 aprile 1997, Genoa-Venezia 3-0: l’ allenatore rossoblù, Attilio Perotti, gli concede un quarto d’ ora e Ricchiuti libera Nippo Nappi davanti al portiere con un tacco «mistico», che a Marassi fa ancora discutere. Certi genoani ritengono che tale colpo sia esclusivo di tre campioni (due dei quali ex): Maradona, Carlos Pato Aguilera e Adrian Ricchiuti”.
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Dopo le 2 sole presenze col Genoa di Perotti (28^ e 32^ giornata) inizia il Campionato successivo con Salvemini, 8 partite disputate (sempre partendo dalla panchina) ed a Gennaio viene mandato in C1, a Carpi (“Era troppo forte quel Genoa per trovare spazio: io avevo solo 18 anni”), per fare esperienza (“ mi espressi al massimo grazie ai consigli dell’ allenatore De Vecchi, uno dei migliori che ho avuto”. Anche se in futuro dichiarerà: “Vorrei tornare nel Genoa. Adoro quei colori, adoro quella gradinata”, al Genoa non tornerà più anche se, proprio a Genova, troverà moglie tanto da prender poi casa a Pegli. “Uno dei miei rimpianti più grandi è aver perso il treno quando ero al Genoa. Lì mi vogliono ancora bene, anche se mia moglie Rosalba è sampdoriana e in casa è un derby continuo”.

Dal Carpi passa quindi a titolo definitivo alla Pistoiese dove trova Agostinelli, come tecnico, e contribuisce alla Promozione in B (vittoria ai play-off contro il Lumezzane) con 30 presenze (19 sostituzioni avute) e due reti. L’anno successivo ritorna quindi in B, ma cambia il modulo (“speravo di avere più spazio, ma giocavamo con un attaccante e cinque centrocampisti”) ed a Gennaio, dopo 12 presenze ed una rete, è costretto a ricominciare dalla C1, col Livorno, altre 12 presenze (8 volte parte dalla panchina) ma nessun goal. Alla fine della stagione prende parte alle finali U21 di categoria andando a segno tra le fila del girone settentrionale con una rete su punizione che non basta per evitare la sconfitta a favore del girone meridionale.
Arriva quindi un altro punto nodale della sua carriera, l’approdo ad Arezzo. E proprio ad Arezzo mette definitivamente in mostra: velocità, dribbling secco, visione di gioco, tecnica sopra la media. Fa vincere all’Arezzo un derby infuocato contro il Livorno (in cui per i labronici segnò Elvis Abbruscato), è stato il numero 10, mandava regolarmente in gol Frick e Benfari, è stato il primo giocatore ad andar via dall’Arezzo in aperta polemica col direttore sportivo Iacobucci. In una stagione e mezzo in amaranto, il suo score parla di 47 presenze e 10 reti, oltre a un numero imprecisato di belle giocate.
Nella stagione 2000/2001 l’Arezzo era partito malissimo, con un punto conquistato nelle prime cinque giornate e un attacco che ruotava attorno all’argentino Nicolas e a Gasperino Cinelli, finiti presto nel dimenticatoio. Infine, dettaglio niente affatto trascurabile, l’ambiente era in subbuglio: il presidente Bovini, contestato a più riprese, lasciò la società a Piero Mancini e uscì di scena. A ottobre RIcchiuti fu il primo acquisto della nuova presidente, poi arrivarono anche Vendrame e Mario Frick e la situazione, come per incanto, migliorò. Il primo gol in amaranto lo segnò ad Alessandria:dribbling in un fazzoletto, portiere a sedere, tocco leggero dentro la porta ormai sguarnita. Passò una settimana e Adrian segnò un’altra volta, stavolta al Comunale contro la sua ex squadra, il Livorno. Segnò e corse sotto la tribuna, piroettando per aria in una specie di danza improvvisata sul momento. Poi si battè la mano sul petto per una decina di volte e fu amore istantaneo. Il pubblico lo elesse a beniamino, lui prese a cuore la causa amaranto.

Grandi meriti li ebbe Antonio Cabrini, che instaurò un ottimo rapporto col gruppo e disegnò un modulo improbabile che però funzionò alla grande: quattro difensori, un mediano, due esterni offensivi, un trequartista e due punte. “Il mister è stato fondamentale per la mia carriera – ricorda Ricchiuti. Mi fece giocare da mezz’ala pura senza snaturare le mie caratteristiche, tant’è vero che quell’anno segnai 8 gol e presi coscienza di alcune qualità che neanche pensavo di avere”. L’annata finisce con l’eliminazione dell’Arezzo alle semifinale play-off contro il Livorno “Eravamo morti di testa, non di gambe. Avevamo fatto una rimonta impressionante, dall’ultimo al quarto posto. Ai play-off pagammo e comunque ci eliminò un Livorno forte”, che perderà lo spareggio finale per la B contro il Como.

Il 2001/2002 lo inizia con la casacca amaranto, da capitano, ma a Gennaio accade un episodio che Ricchiuti stenta ancora oggi a digerire: “Potevo andarmene prima, a giugno: avevo fatto 8 gol in campionato e avevo giocato
bene. Squadre che mi volevano ce n’erano in C1 e in B, invece scelsi di restare. A gennaio mi hanno venduto e mi sono ritrovato in C2. Questa è la realtà. Non potei nemmeno rifiutare, Seppi tutto a cose fatte, lo dissi a suo tempo e lo ribadisco. All’Arezzo ero il capitano e guadagnavo niente rispetto ai nuovi che erano arrivati in estate, chiesi 20 milioni di aumento al signor Iacobucci (allora Direttore Sportivo dell’Arezzo), lui mi disse di no. Aspettò l’ultimo giorno di mercato
per non lasciarmi alternative. Ancora mi ricordo: avevamo giocato contro la Triestina e avevamo vinto 1-0 in nove contro undici. Io ero stato il migliore in campo, mi sentivo un guerriero. Stavamo partendo per Padova quando mi chiamò il procuratore e mi disse: l’Arezzo ti ha venduto. Che dovevo fare? A malincuore presi le mie cose e me ne andai. Poi Iacobucci convocò le televisioni per scaricare tutta la responsabilità su di me. Vi ricordate chi arrivò al mio posto? Amore e Agostini, i giocatori di Iacobucci e del mister Ferrari. Spesero un’enormità rispetto a quanto avevo chiesto io soltanto per incassare un miliardo e passa del mio cartellino”.

Il sunto della storia è che a Gennaio 2002, dalla C2, inizia l’avventura di Adrian RIcchiuti al Rimini dove trova l’ambiente ideale per crescere: “Purtroppo prima di Rimini non avevo mai trovato l’ambiente ideale, lo dimostra il fatto che quando
venni via da Arezzo fui costretto a scendere in C2. A Rimini ho trovato una società forte, ambiziosa e un presidente che ha sempre creduto in me, che mi trattava come se fossi il giocatore più importante della squadra. Con Bellavista – dirà – c’è un rapporto che va oltre il calcio. Mi vide giocare a Cesena, vincemmo 3-1 e da quel giorno diventai un suo pallino”.

Di Arezzo ricorda: “Fu un campionato fantastico, arrivammo ai playoff e segnai 8 gol. Speravo di seguire Cabrini in B, a Crotone. Invece l’ Arezzo non mi mollò. Salvo cedermi a gennaio al Rimini. Ricordo tutto di quella stagione, Il primo giorno, la prima partita ad Alessandria, mister Cabrini, la rimonta in campionato, i play-off. Mi ricordo tutto, anche lo stadio che ad ogni partita si riempiva sempre di più. Ad Arezzo ho concepito mia figlia Martina, basterebbe questo per rendere l’idea di quanto ci sia rimasto attaccato. Il goal che ricordo con maggior piacere è il secondo di Cesena, quello sotto la curva dove c’erano i tifosi dell’Arezzo. Fu bello e importante”.

Il suo ritorno ad Arezzo, da avversario, fu invece piuttosto burrascoso, la curva lo contestò pesantemente, accusandolo di essere un mercenario, lui rispose con una rete, decisiva, nella gara di ritorno, a Rimini. Nel 2005/06, anno in cui le due squadre si ritrovano in B, Ricchiuti firma una doppietta, sempre a Rimini, e manda a quel paese la curva amaranto “Non dovevo, lo so, mi lasciai trascinare dalla rabbia, dall’esasperazione ma fu una rivincita sull’Arezzo. Fu la società
a mandarmi via, non il contrario. Ho ancora molti amici ad Arezzo, non è che ce l’hanno tutti con me, anzi”.

Un miliardo delle vecchie lire pagò il Rimini per assicurarsi le prestazioni del talento argentino, allora poco più che 24enne. All’inizio non fu facile inserirsi “ Passai sei mesi bruttissimi, con i tifosi che mi criticavano e lo stesso presidente che si rimproverava di avermi pagato troppo. L’allenatore a quel tempo era Foscarini (“sergente di ferro”) “scesi in C2 pensando di fare un gran campionato, invece fu un mezzo disastro. C’era un gruppo che non rideva mai, eravamo
tutti tristi. Si andava al campo e non volava una mosca perché l’allenatore voleva così”, chiude con 11 presenze e nessuna rete. Continua: “Fortuna a giugno arrivò mister Acori e tutto cambiò”.

Nel 2002 torna quindi a lavorare col tecnico che lo lanciò ai tempi della Ternana e già in estate, alla prima uscita stagionale, mette a segno la sua prima rete col Rimini, in Coppa Italia. “Il campionato scorso è finito male, anche per colpa mia, ma quest’ anno andrà in modo diverso. D’ ora in poi la gente di Rimini, che mi dimostra ogni giorno di più il suo calore, e i dirigenti, che mi hanno fatto firmare un contratto importante, vedranno il vero Ricchiuti”. Centra il play-off di C2 al primo anno, al secondo quelli di C1, perdendoli, ma nel 2004 arriva la Promozione diretta in B, dove Ricchiuti torna, nel 2005, a 5 anni di distanza dall’ultima apparizione, con la Pistoiese.

“Sono più determinato, più convinto di me stesso e di ciò che posso dare. Inoltre ho la grande motivazione di inseguire la serie A: quel brivido voglio provarlo”. In quella stagione affronta per la prima volta il Catania, segnando un gollonzo a Pantanelli che, dopo un rinvio sbilenco, lascia scoperto il primo palo, aspettandosi un cross, ed invece Ricchiuti conclude dritto in porta (terminerà 1-2 per il Catania). “In B c’ è più libertà di gioco, il livello tecnico è più alto, non ci sono marcature strette. Qui in B ogni squadra vain campo per costruire, non per distruggere; e basta una sola occasione per fare gol”.

Di quell’annata dirà “A Rimini vivo alla grande, c’è il mare che piace a mia moglie e mia figlia e soprattutto c’è la serie B. Perché dovrei cambiare?”. Ma le cose andarono via via precipitando l’anno successivo, quello dove, per assurdo, si prese le maggiori soddisfazioni. La Juventus era scesa in serie B, che vedeva la prestigiosa partecipazione del Napoli di Del Laurentiis, insieme al Genoa, causa calciopoli. La prima gara in cadetteria, la “Vecchia Signora”, la giocò proprio a Rimini, proprio contro quel Rimini dove Ricchiuti era capitano. Alla rete di Paro, nel primo tempo, rispose proprio Ricchiuti, al 25’st, trafiggendo Buffon: “Ho guardato tutti i programmi fino alle due di notte. Poi, ho cercato di addormentarmi. Inutilmente. Appena chiudevo gli occhi vedevo il pallone rotolare in rete. Un piacevole incubo. E’ stato bravo Boumsong in occasione del gol: ha fatto un tunnel a Kovac”.
Di quella Juventus dirà: “Non ha ancora capito come funziona la serie B. Questo è un altro mondo rispetto alla Champions League o alle volate scudetto. Qui bisogna correre e soffrire. Ha sbagliato l’ approccio alla partita, forse era un po’ svogliata. Ho visto Camoranesi a centrocampo che chiacchierava… Poi, a parità di corsa, la classe fa la differenza”.
Scambia la maglia con Camoranesi mentre, all’antidoping, incontra Del Piero che gli promette la maglia nella gara di ritorno: “Lo guardavo e pensavo: <>. Ci parlammo, mi fece i complimenti, dicendo delle belle cose”.
Tornando al gol che ha realizzato a Buffon. «Una rete che entrerà nella storia. Appena sono rientrato a casa mia moglie Rosalba mi ha rimproverato. Mi ha detto:”Perché dopo il gol non sei venuto sotto gli spalti a salutare tua figlia Martina?” Ho cercato inutilmente di spiegarle che dopo aver battuto Buffon sono stato qualche secondo in stato confusionale. Per una settimana mi hanno cercato giornalisti da tutta Italia, rilasciavo tre interviste al giorno”.

Quell’anno il Rimini rischia realmente di andare in serie A, ma la distanza tra la terza e la quarta è superiore a 9 punti, perciò non si disputano i playoff, che altrimenti l’avrebbero visto protagonista, chiude 5°. Intanto il rapporto tra Ricchiuti e la tifoseria va deteriorandosi, dopo gli incidenti seguiti al derby pareggiato col Cesena, il 25 Novembre 2006, aveva detto che i tifosi fermati con spranghe e bastoni sulla via Emilia «meritavano di finire in galera». Ragazzi che in motorino con il volto e le targhe coperte aspettavano a metà strada i rivali di sempre per poi aggredirli di nuovo finita la partita. Ricchiuti era stato l’ unico della squadra a uscire allo scoperto. “Ho semplicemente ripetuto quello che tutti pensano ma pochi hanno voglia di dire”. I tifosi lo inviteranno “ad avere il coraggio di ripetergli quelle stesse parole in faccia”, Ricchiuti lo avrà: “Ci siamo parlati, loro hanno spiegato come la pensavano, io ho detto la mia. Siamo rimasti delle stesse opinioni”. Come è ovvio, non l’ hanno convinto: “Non capisco le loro idee”. Concluderà: “Se vogliamo che questo mondo cambi bisogna avere il coraggio di denunciare queste cose”.

Rinnova fino al 2011 col chiaro intento di chiudere la sua carriera a Rimini. L’anno successivo con le sue 40 presenze ed 11 reti, manda il Rimini a tre punti dai play-off. E’ una squadra che prosegue la sua corsa sulla spinta morale dovuta alla scomparsa (avvenuta nel maggio 2007, la stagione precedente) dello storico Presidente Bellavista. Ricchiuti dirà di quell’era: “Il segreto vero fu la capacità della società di acquistare giocatori adatti alle necessità del mister, sia dal punto di vista tecnico che caratteriale. Scomparso Bellavista, finì tutto”. In quella squadra gioca un ex rossazzurro, Jeda, che insieme a Ricchiuti costituisce il tandem offensivo più pericoloso della cadetteria: “Io e Jeda siamo compagni anche di camera, ma lui si addormenta molto più tardi di me. Diciamo che in stanza non abbiamo gli stessi tempi che in campo. La gente temeva che io e Jeda non potessimo giocare assieme ma “quando uno si muove, difficoltà non ce ne sono” come dice Acori”.

La squadra vola, “La promozione sarebbe il sogno più bello da regalare al mio papà Gino – fa Ricchiuti -: sì, è la cosa più grande che vorrei, per fargli capire che con le mie forze sono arrivato anche lì”, ma a Gennaio Jeda passa al Cagliari ed il Rimini, dalle prime posizioni del campionato, scende fino ad uscir fuori dai play-off, chiudendo 7°.
Non è un caso che quell’anno, il primo senza Bellavista, finisca anche l’avventura di Acori che, dopo sei anni di militanza sulla panchina del Rimini, lascia la squadra nel giugno del 2008. Al suo posto siede sulla panchina quel che per lungo tempo ne è stato il secondo Selighini, che patisce però l’impatto con la cadetteria. Il Rimini stenta, il 27 Aprile Selighini viene sostituito con Guido Carboni; mossa che non riuscirà ad evitare i play-out, contro l’Ancona, che il Rimini perderà al 79’ della gara di ritorno causa la rete di Mastronunzio, proprio a Rimini. Dopo 4 anni di cadetteria i romagnoli tornano in C1, diventata Prima Divisione di Lega Pro.

Ricchiuti, nonostante le 40 presenze, mette a segno solo 5 reti. La contestazione dei tifosi è furiosa, il 16 Giugno, ad avvenuta retrocessione, una bomba carta è esplosa poco dopo la mezzanotte nei pressi dell’abitazione di Adrian Ricchiuti, esattamente sotto la sua automobile: “Non sono cose che mi sarei aspettato pensando al lavoro più bello del mondo, quello che io faccio davvero con tanta passione.
“Nei giorni scorsi qualcuno è venuto a citofonare a casa mia, c’era mia moglie sola con i bambini, hanno scritto sui muri “Ricchiuti vattene”. Poi sabato siamo retrocessi, la Digos mi ha dato una mano a controllare la casa, ma la scorsa notte è stata fatta esplodere una bomba carta sotto la macchina. Un’esplosione devastante, per fortuna nessuno si è fatto male, ma per mia moglie, i bambini e per tutta la gente che vive qui è stato un grande trauma”.
“Quel che mi fa rabbia, è il pensiero che i riminesi non siano così e che Rimini in questa circostanza non ci stia facendo una bella figura. Spero soltanto che quei pochi che io non considero tifosi, ma soltanto piccoli uomini, la facciano finita in fretta”.
“La retrocessione è stata una grossa delusione, avrei accettato insulti a quattr’occhi, ma così no. Se loro sono delusi io lo sono ancor di più. Sanno tutti quanto tengo a questa maglia e a cosa ho rinunciato per restare a Rimini. Chi cammina con le molotov deve finire in galera e non andare negli stadi, forse tutto nasce da lì. Io non so cosa vuole fare adesso la società dopo la retrocessione. Io ho ancora due anni di contratto. In questo ultimi quattro giorni ho vissuto chiuso in casa, perché girano voci non belle, speriamo che tutto finisca presto”.

La società commenterà: “La delusione e l’amarezza per una retrocessione, a nostro parere immeritata, non possono e non devono alimentare un clima di tensione e di inciviltà nei confronti dei componenti della squadra e della società. Il calcio, ma lo sport in generale, sono una palestra di vita dove il successo e la sconfitta devono essere accettate con serenità”.
Il rapporto con Rimini, sia come tifoseria che come società, è compromesso. La proprietà sa di non poterlo trattenere in Prima Divisione con lo stesso ingaggio della B, perciò lo mette sul mercato prima, fuori rosa quando decide di non seguire le indicazioni di accasarsi al Frosinone.

Lui, che in passato disse: “Ho comprato casa a Rimini. Sono felice della dimensione in cui vivo. Qua ho fatto tanto, qua sono diventato un giocatore vero, è stato il Rimini a farmi conoscere in tutto il mondo e io a queste cose ci penso. Sono consapevole di aver rifiutato una grande offerta, ma non ho la testa per andare da qualche altra parte”, rifiutando squadre come Lecce, Chievo, Napoli, Torino, lo stesso Brescia (che nel 2007 offre 2,5 mln di euro al Rimini), si trova nelle condizioni di doversi guardare attorno, e cercare una squadra.

Il giocatore vuole Catania, vuole la serie A, a tutti i costi. Arriva persino a ritirare la procura al suo rappresentante, Pastorello, che non riusciva a far decollare la trattativa col Catania, al quale, il giocatore, aveva dato il suo assenso verbale.

A Catania

I rossazzurri spingono per il prestito oneroso, i riminesi non vogliono sentirne. La trattativa si conclude il 6 Agosto 2009 con l’annuncio ufficiale del passaggio di Ricchiuti al Catania, per tre anni, a titolo definitivo. Costo dell’operazione circa 0,4 mln di euro.

Prima del suo arrivo in A, dichiarerà: “Non è dipeso da me. Purtroppo prima di Rimini non avevo mai trovato l’ambiente ideale per crescere, lo dimostra il fatto che quando venni via da Arezzo fui costretto a scendere in C2. Arrivato a Rimini di occasioni per andare in A ce ne sono state eccome, solo che il presidente Bellavista non ha voluto sentire ragioni. E poi mi sentivo parte di un progetto. Ma il mio sogno è quello e un giorno lo realizzerò. Mi fanno rabbia quelli che arrivano in serie A senza meritarlo, che magari giocano male un anno intero e però salgono lo stesso di categoria. Allora mi chiedo: ma come funziona? Non è invidia, per carità, io sono contento di me stesso, però il dubbio resta”.

A sponsorizzare l’acquisto del fantasista riminese è il tecnico rossazzurro Gianluca Atzori , sottolineando come sia utile dal punto di vista tecnico-tattico (può ricoprire infatti il ruolo di trequartista ed all’occorrenza anche seconda punta). Dopo numerose smentite da parte del Direttore Generale, Pietro Lo Monaco, l’infortunio che costringe Barrientos (neo-arrivato) ad un prolungamento del suo stop (fino a Novembre), darà la definitiva accelerata all’affare, anticipato a Giugno da Alfredo Pedullà, giornalista di SportItalia.

Col suo arrivo il Catania 2009/2010 conta 10 argentini in rosa. Le sue prime parole da etneo saranno: “Il Catania mi ha dato un’occasione unica , adesso devo ricambiare la fiducia che mi è stata data, a parlare dovrà essere il campo. E’ l’ultima occasione della mia vita per dimostrare che potevo.. posso stare in serie A. Farsi sfuggire la serie A, adesso che ho 31 anni, sarebbe stato un errore, è la massima aspirazione di ogni atleta che gioca al calcio. Non ho un modulo preferito, a me basta scendere in campo , mi adatterò ovunque. Son venuto a Catania per dare una mano, deciderà il Mister dove. Ci metterò tutto il cuore e l’anima”.
Al primo allenamento a Massannunziata, giorno 10 Agosto 2009, si dirà sorpreso del pubblico presente”non avevo mai visto tanta gente ad un allenamento”, e ribadirà: “E’ l’unica squadra dove avrei voluto giocare . Sono contentissimo, ci sarei rimasto realmente deluso se non fossi arrivato qui. Spero che Barrientos rientri prima di Gennaio, perché penso sia uno dei più grandi giocatori della sua età. Adesso il mio punto di riferimento principale è Mascara. Ovviamente l’idolo resta Maradona.
Il Direttore Lo Monaco dirà: “Prendiamo un giocatore motivatissimo e senza dubbio utile per il nostro allenatore”.
Esordisce il 15 Agosto 2009 nella gara di Coppa Italia contro la Cremonese quando al 75’ sostituisce Llama. Indossa il numero 19. Contro il Parma, alla seconda di Campionato, esordisce da titolare. Gioca quasi tutte le gare della gestione Atzori tra alterne fortune, sembra il giocatore in grado di far la differenza in mezzo al campo ma patisce la presenza di Mascara in funzione del credo tattico di Atzori, che li vede incompatibili, intendendo l’argentino solo come rifinitore dietro le punte. Segna il suo primo goal in serie A nell’unico successo del Catania di Atzori, in casa contro il Cagliari, una rete su schema pregevolissimo, forse il miglior ricordo del Catania di quella prima fase di Campionato.

S’intendono bene, Mascara e Ricchiuti, ma giocano poco insieme e con l’arrivo di Mihajlovic pare che l’avventura rossazzurra per lui debba terminare. Prima della chiusura del mercato un incontro chiarificatore col tecnico riporta serenità, Mihajlovic gli chiede di adattarsi ad un ruolo inedito, quello di esterno sinistro di centrocampo, pur di giocare Ricchiuti accoglie la richiesta del tecnico e nella gara di Coppa Italia contro il Genoa (dove ha giocato in passato), sciorina una prestazione maiuscola proprio nella posizione che Mihajlovic aveva immaginato per lui. Diventa titolare inamovibile nello scacchiere del serbo, che trova in lui quel che Ledesma non riesce a garantirgli ed è persino disposto a metter in panchina il prima “insostituibile” Carboni.
Gettato nella mischia a nemmeno 3 giorni dall’impegno di Coppa Italia, contro la Sampdoria, giocherà tutte le gare che lo separano dalla fine del Campionato ad eccezione di due, una per squalifica. Applausi scroscianti al Massimino, nell’ultima gara della stagione, al momento della sua sostituzione, più un espediente organizzato dal tecnico per tributargli il giusto riconoscimento. Segnerà altri due goal, contro il Bari, in casa, e contro il Milan, a San Siro, ma continuerà a sostenere “Il goal che ricorderò sempre sarà quello contro la Juventus, perché segnare alla Juventus in B non capiterà più”.
Col mercato estivo la sua riconferma è subito in forse, su di lui si scatena un’asta tra Padova e Chievo Verona; intanto in sede di ritiro il giocatore afferma: “Vorrei rimanere a Catania, in serie A, credo di aver dimostrato di poter reggere la categoria e dare il mio apporto alla squadra. So di essere all’altezza di indossare questa maglia e qualora la società decidesse di cedermi significherebbe che per loro non è così. Non ci rimarrei bene. Comunque sono lusingato se una realtà di serie A come il Chievo si sia interessata e me; sarebbe un’alternativa gradita”. Si dimostra sin dalle prime uscite uno dei giocatori più informa, duettando benissimo con Barrientos, fornendo quantità innumerevoli di assist ed andando a segno nelle prime due uscite contro una rappresentativa della Val di Non ed una selezione di Giocatori svincolati.

Nella prima uscita al Massimino, contro il Villareal B, Giampaolo lo schiera da seconda punta al fianco di Lopez, lui mette a segno una doppietta e fornisce a Lopez un assist; di gran lunga il migliore della partita: “Spero di aver dimostrato di meritare la serie A – afferma negli spogliatoi – questa prestazione vorrei che convincesse i dirigenti a togliermi dal mercato e confermarmi a Catania”.
Dirà di lui Giampaolo: “E’ la ciliegina sulla torta di questo Catania, è un giocatore che sa mandare in porta i compagni e dettare i tempi delle giocate – complimenti ai quali seguirà la fiducia incondizionata del tecnico che, prima dell’esordio in campionato affermerà – Ricchiuti gioca sicuramente, negli altri reparti ho situazioni da valutare”. Scelta giusta visto che proprio l’argentino andrà a segno contro il Chievo Verona, marcando la rete del temporaneo 1-1 ed andando nella cronistoria etnea come primo marcatore stagionale in campionato.

Ma nel tempo il rapporto col tecnico si incrinerà. Tanto che, nemmeno davanti alle telecamere, gli risparmierà critiche sull’atteggiamento a volte troppo difensivista. Nelle prime giornate parte spesso dalla panchina per dare l’impulso decisivo una volta passati in svantaggio. Progressivamente viene utilizzato con sempre meno continuità, visto lo schieramento abbottonato del Catania, che non prevede trequartista. A Dicembre, come nel 2009, si parla di cessione ma, di fronte alla richiesta del Catania, 700 mila euro, il d.s. del Padova, Foschi, afferma: “Non siamo disposti a svenarci per un 32enne”, così il giocatore resta a Catania, dove arriverà Simeone al posto di Giampaolo. Visto il modulo adottato dal nuovo tecnico, Lo Monaco lo confermerà in rossazzurro.

LA CARRIERA

STAGIONE SQUADRA SERIE PRESENZE RETI
2010/11 CATANIA A 18 1
2009/10 CATANIA A 27 3
2008/09 Rimini B 40 5
2007/08 Rimini B 40 11
2006/07 Rimini B 41 8
2005/06 Rimini B 40 11
2004/05 Rimini C1 33 12
2003/04 Rimini C1 34 3
2002/03 Rimini C2 32 4
2001/02 Rimini C2 11