Il brutto anatroccolo e i play off: il Catania e una fiaba difficile da raccontare

Foto: mbeo (Flickr.com)
Claudio Spagnolo

Nella logica un po’ prevedibile del tifo – che spesso si diletta, come sappiamo, di credere alle fiabe – sarebbe ora il momento di chiamare in soccorso il buon vecchio Hans Christian Andersen. E precisamente di raccontare ancora la storia a tutti nota del brutto anatroccolo, che in tutta la regular season della propria esistenza venne sempre trattato come l’ultimo degli sfigati (perché era grigio e spelacchiato, né sapeva fare le uova come le galline, né men che meno poteva pavoneggiarsi facendo la ruota). Ma che in seguito, giunta per lui la luminosa stagione dei play off, scoprì specchiandosi per caso di essere un fighissimo cigno, proprio uguale ai magnifici animali che gli era capitato per caso di ammirare.

La storia del calcio – ricordano in questi giorni i più ottimisti tra noi – è piena di fiabe simili a quella del brutto anatroccolo. Basti pensare all’Italia di Bearzot che fece schifo, pena e pietà per tutta la prima fase dei Mondiali dell’82. E poi invece andò a vincerli mettendo in riga sapientoni del calcio del calibro di Argentina, Brasile e Germania. Hai visto mai dovesse succedere anche a noi?

Con tutto il desiderio che ho di sbagliarmi, ho paura che non succederà. E per due ragionevoli motivi. Primo, perché il brutto anatroccolo, con tutta la sua adolescenziale malagrazia, portava già in sé fin dall’inizio il patrimonio genetico del cigno che sarebbe diventato; cosa che dubito alquanto possa dirsi dei nostri in po’ smidollati paladini. Secondo, perché miracolose metamorfosi come quella narrata in questa dolcissima fiaba non a caso avvengono spesso in campionati che si giocano come se non ci fosse un domani. O per i quali, per meglio dire, un domani non c’è davvero. Come appunto i mondiali, che si disputano di quattro anni in quattro anni e che – finché non si organizzeranno competizioni che coinvolgano i marziani o gli abitanti di Urano – non impongono a chi li vince di affrontare in futuro le fatiche di una categoria superiore. Come avverrà invece al vincitore dei play off, cui l’anno prossimo toccheranno gli onori e gli oneri della serie B. Onori e oneri che temo non possano essere affrontati da una proprietà sbrindellata e indebitata come quella del Catania.

Detto questo, mi piacerebbe sbagliarmi su tutta la linea. Mi piacerebbe che il Catania vincesse i play off e tornasse subito in B. Mi piacerebbe che Pulvirenti se ne andasse, il giorno dopo averci restituito, in parte almeno, ciò che ha malamente buttato via: che se ne andasse lasciando la mano a una proprietà diversa e in grado di cancellare le vergogne di questi anni. Mi piacerebbero entrambe le cose, ma non so dire quale delle due sia meno probabile. E mi piacerebbero, si capisce, anche perché comporterebbero il poter ritrovare, in serie B, i cugini rosanero. Che quest’anno hanno fatto di tutto per venirci incontro, per abbreviare masochisticamente la loro astinenza da derby. Tant’è vero che hanno deciso di scivolare in B proprio nel giorno in cui affrontavano i vari Castro, Izco, Sardo e Maran.

Dispiace doverli fare aspettare, i generosi cugini. Ma temo che ci vorrà ancora qualche anno perché un pallone, magari calciato dal centrocampo della Favorita, torni ancora, come raccontano i libri di storia, a gonfiare di gloria la loro rete…