Catania, quando a pagare per tutti è l’allenatore

Giorgio Grasso

Dove vanno ricercate le colpe?

Sia chiaro, nessuno si aspettava da Raffaele, dalla squadra o dalla società la vittoria del campionato. Il contesto a dir poco burrascoso in cui SIGI si è trovata ad operare, unita all’epidemia da COVID-19, di certo non poneva delle solide basi per un campionato da protagonisti. In più non si è mai chiesto all’allenatore e ai calciatori la luna, considerato che né l’uno né gli altri fossero abituati ad affrontare stagioni ai vertici. E poi già all’alba della stagione la società aveva parlato chiaro: “il nostro sarà un campionato dignitoso”.

Fatta quest’importante premessa, però, preme dire che in questo girone di ritorno stanno venendo fuori i reali valori della squadra costruita, e successivamente puntellata a gennaio, dalla dirigenza. Del resto basta dare un’occhiata al curriculum degli interpreti nelle ultime stagioni: sono pochi gli elementi in rosa che abbiano dimostrato di valere, quantomeno, un quarto posto in Serie C. Inutile dilungarsi su ciò, i dati sono a disposizione di tutti e le prestazioni fornite negli ultimi mesi ne sono la riprova. Perché, dunque, nel girone d’andata si è arrivati a sperare persino nel terzo posto? Chi vi scrive crede fermamente che il merito sia stato proprio del tanto bistrattato Raffaele. Basta guardare una partita qualsiasi del girone d’andata. Una squadra dai mezzi tecnici poveri che, grazie all’organizzazione tattica e ad un certo “carattere”, riesce a volgere a proprio favore situazioni complicate. E non è un caso che tante gare siano state vinte per 1-0. Il paradigma è chiaro: tanta organizzazione difensiva e allenamento sui calci piazzati, per sfruttare al massimo ogni occasione. Del resto le non eccelse qualità della rosa non suggerivano molte strade alternative.