“Elogio” di Prestia, difensore del Catanzaro che al Massimino gridò «forza Palermo»

Claudio Spagnolo

E così, almeno, abbiamo chiarito che il giovane Giuseppe Prestia, di anni ventitré, altezza un metro e novanta, piede di calcio destro, ruolo difensore – calciatore in forza, se così si può dire, al Catanzaro –  che il giovane Giuseppe Prestia, dicevamo, è tifoso del Palermo. Cosa che non sorprenderà nessuno, ove si rifletta che Giuseppe Prestia è nato per l’appunto a Palermo, che ha vissuto lì gli anni della sua prima giovinezza, che ha a lungo coltivato, e forse continua ancora a coltivare, la beata convinzione che gli arancini si chiamano arancine; e che ha anche vestito la maglia rosanero, sia pure solo nei campionati Primavera.

Sicché, il fatto che lui tifi Palermo non meriterebbe francamente l’attenzione di nessuno, se non fosse per via del modo e del momento in cui il ragazzo ha voluto professare la propria sia pur legittima fede calcistica: e cioè mentre imboccava anzitempo la via degli spogliatoi del Massimino, con la sua squadra che si apprestava a perdere contro il Catania, e al termine di una scazzottata che aveva indotto l’arbitro a cacciarlo dal campo insieme al rossazzurro BergamelliForza Palermo: frase innocente, naturalissima e perfino bella per qualunque palermitano, e che però il buon Prestia ha avuto l’accortezza di pronunciare nel momento in cui era meno opportuno, più stupido e più sguaiato il farlo.

E cioè nella furia taurina di chi s’è visto sventolare in faccia il cartellino rosso, nella frustrazione di chi sta perdendo e non può fare più nulla per impedirlo. Brandendo il pugno destro in un gesto che voleva essere di sfida e invece era solo di stizza, e atteggiando opportunamente il labiale affinché chiaramente vi si leggesse, nei confronti del pubblico rossazzurro, un non elegantissimo improperio di ispirazione inconfondibilmente clintoniana (nel senso di Bill, s’intende). Forza Palermo: che è una frase che un palermitano di buon senso avrebbe certo potuto, nella presente contingenza storica, rivolgerci in modo che ci facesse molto male: facendoci pesare il fatto che il Palermo, benché alla men peggio, naviga ancora in serie A, mentre noi ci barcameniamo in terza serie dove siamo per giunta precipitati con ignominia; ed esercitando insomma quei diritti che il blasone da una parte, e le nostre disgrazie dall’altra, gli consentirebbero agevolmente di esercitare.

Fortuna che non abbiamo incontrato nessun cugino così assennato, e abbiamo invece incontrato Prestia. Il quale, nell’irredimibile ineleganza del suo gesto, ci ha restituito per un attimo il gusto di anni purtroppo lontani: quelli in cui la magia dei tiri che si insaccavano da centrocampo, dei palloni che si infilavano a quattro a quattro nelle reti vanamente difese dai portieri rosanero, ci regalava quei momenti di felicità pura che solo il calcio sa donare ai suoi fedeli. E quegli altri momenti indimenticabili, che arrivavano immediatamente dopo, quando lo sguardo si posava sui nostri blasonati ed attoniti cugini: e la stessa felicità ci ritornava indietro moltiplicata dalla nostra crudeltà: dal godimento di vederli rosicare, i cugini rosanero, come forse mai prima avevano rosicato, e come non avrebbero certo rosicato per nessuna altra sconfitta.

Di quella felicità, certo, ci è rimasto solo il ricordo. Ma Prestia ci restituisce almeno il retrogusto di quel piacere crudele ed accessorio: il piacere di ricordare quanto rosicavano, allora, i cugini di Palermo. Il piacere di sapere, oggi, che alcuni di loro rosicano ancora. Come certo accade a Prestia, che involontariamente ce lo ha rivelato ieri pomeriggio. Meritandosi, in cambio delle sue scomposte contumelie, i nostri sentiti e sorridenti ringraziamenti.

foto: Sportube