«Zero sponsor, Catania Femminile rinuncia alla B», il presidente Rapisarda

Redazione

Stravincere sul campo può non bastare. Il Catania Femminile, che la scorsa stagione aveva conquistato il salto di categoria in serie B, dovrà ricominciare nuovamente dalla serie C. «Servivano 40mila euro di sponsorizzazioni, ma abbiamo ricevuto solo porte in faccia da parte di Comune e imprenditoria locale», è il commento fatto in esclusiva a MondoCatania dal presidente Giuseppe Rapisarda. Il noto avvocato da maggio aveva accettato l’incarico di riorganizzare il club, e nonostante tutto non pare intenzionato a mollare: «Se alle ragazze e al mister non verrà meno l’entusiasmo, io resterò».

Un campionato travolgente, quello giocato dal Catania femminile lo scorso anno. Partite da grandi favorite, le calciatrici allenate a Giuseppe Scuto, avevano mantenuto le attese centrando il salto di categoria e non solo. Sono riuscite a coinvolgere persino alcuni appassionati del calcio maschile, strappandoli al Calcio Catania. Come gli ultra della curva Nord, che le hanno supportate sugli spalti anche a costo di lasciar vuoti quelli del Massimino.

«Abbiamo fatto di tutto. Abbiamo bussato a tutte le porte possibili, compresi i main sponsor catanesi. Abbiamo trovato un mercato asfittico, ma anche apparenti disponibilità che al momento di concludere si trasformavano in indisponibilità radicali. Abbiamo dato tutte le garanzie che potevamo dare e chiesto l’aiuto di tutte le persone che avrebbero potuto darci una mano. Non abbiamo cavato un ragno dal buco. Un po’ per via della crisi economica in atto, un altro po’ perché probabilmente il prodotto sembrava segnato da un target che non invogliava ad investimenti. Non capisco perché ma ne prendiamo atto».

Gli sforzi fatti dalle calciatrici, sul campo, sono quindi destinati a esser vanificati da una consistenza economica mancante, che un club sportivo dilettantistico difficilmente può avere senza il supporto formale delle istituzioni e quello fattivo dell’imprenditoria. Questo lo scenario che appare dalla vicenda Catania Femminile.

«Sappiamo che gli enti locali non possono dispiegare fondi per attività private come il Catania Femminile, ma è altrettanto vero che dal Comune di Catania abbiamo riscontrato il più totale disinteresse e l’incapacità di cogliere un dato di pari opportunità con la realtà maschile di calcio. Dato che relega la giunta comunale di Catania, storicamente un passo indietro rispetto ai tempi e alle mentalità correnti. Dall’imprenditoria catanese, già dimostratasi restia a investire anche sullo sport maschile, ci saremmo aspettati maggior lungimiranza e una mano d’aiuto verso una realtà come la nostra. Il Catania Femminile è una società nascente ma senza debiti, con la sola voglia di far calcio nel rispetto delle regole e del diritto».

Rapisarda è divenuto presidente del club lo scorso 25 maggio, assumendo su tutti il compito di ricostruire la solidità economia e organizzativa venuta meno dopo la scomparsa del suo predecessore Giovanni Di Guardo. Non essere riuscito a centrare l’obiettivo economico è senza dubbio un fallimento, ma il dirigente sostiene di non avere nulla da rimproverarsi.

«Da quando sono alla guida del club ho sempre cercato sponsor mentre non sono mai stato cercato da nessuno. È stato un inseguimento che ha sottratto tempo al mio lavoro di avvocato, alla mia famiglia e al mio tempo libero. Ho inseguito fantasmi e chimere. Pacche sulle spalle e complimenti tanti. Nessuno però ha dimostrato la minima intenzione di spendere anche solo un minimo per garantire a Catania di poter mantenere l’unico titolo di serie B nel calcio che poteva vantare».

Il solo supporto concreto, e anche economico, è arrivato dagli sportivi catanesi. Gli ultra della curva Nord, al termine della passata stagione, hanno regalato due nuove mute complete alla squadra e trovato persino uno sponsor (il panificio “La Farina”, ndr). Sforzi che hanno dato anche visibilità al club ma che tuttavia, da soli, non sono bastati a permettere l’iscrizione al torneo di serie B.

«Attestati di stima sono arrivati da una fascia ampia di tifosi catanesi. Ho ringraziato pubblicamente alcune radio, televisioni e siti web, come MondoCatania, per non aver mai fatto mancare sostegno e interesse al Catania femminile. Altri mass media assolutamente no, e capisco anche il motivo. Il problema non è derivato dal fatto che siamo stati lasciato soli, paradossalmente. I ragazzi della curva Nord sono nostro motivo di orgoglio. Questa sconfitta però riguarda tutta Catania, e non solo la cerchia di chi ci ha sostenuto».

Ufficializzata la notizia della mancata iscrizione, attraverso un comunicato condiviso sulla pagina Facebook del club,  l’unica prospettiva resta guardare al futuro più imminente. In tal senso le scadenze sono quelle dell’iscrizione alla serie C e, successivamente, comprendere quale sarà il futuro assetto dirigenziale della società.

«I confronti sono stati aspri al nostro interno. Ci prendiamo una pausa. Riteniamo, per il credito che possiamo vantare, che non ci siano problemi per l’iscrizione in serie C, considerato che non ci saranno trasferte gravose dal punto di vista economico. Nella scala del calcio maschile, corrisponderebbe all’Eccellenza. Io rimango se le ragazze confermano un rinnovato entusiasmo. Se lo vorranno sono a disposizione, per la mia città, con spirito di servizio. Contrariamente, non me l’ha prescritto il medico di restare».

Qual è la morale che Rapisarda coglie dall’ancora breve esperienza come dirigente sportivo d’una realtà catanese? «Catania ha grandissimi problemi perché questa è una città che non premia la meritocrazia. È una città che resta ancorata alle strizzate d’occhio alle conoscenze, ai protettorati politici ed economici. Se mancano questi, a Catania non fai strada. Nessuna novità. Dispiace soprattutto che avendo un assessore allo Sport donna (Valentina Scialfa, ndr) si sia sprecata una grande occasione per venirci incontro, anche solo sotto l’aspetto del sostegno morale che quelle ragazze avrebbero meritato per come hanno portato in alto il nome della città di Catania».