Monaco, 15 anni dopo Taranto: «Appartenenza e carattere per iniziare la risalita»

fonte: catania.liveuniversity.it
Davide Villaggio

Gennaro Monaco è tutt’oggi uno dei beniamini e dei protagonisti indiscussi che, quindici anni fa, in quel rovente pomeriggio tarantino, conquistarono la promozione in B. Quattro anni con la casacca del Catania, intervallati dalla breve parentesi con l’Acireale, e ben due promozioni ai piedi dell’Etna, prima dalla C2 alla C1 e, tre anni dopo, dalla C1 alla B. MondoCatania.Com lo ha raggiunto per una breve intervista.

Due promozioni col Catania nel 1999 e nel 2002. Qual è stata, tra le due, la vittoria più difficile e che ricorda con più malinconia?
«Sono state ambedue difficili con delle sensazioni incredibili. Della prima ricordo, ad esempio, che abbiamo battuto in coppa l’Atletico Catania di Franco Proto con 25.000 persone al Cibali e sembrava una partita di Champions League. Ricordo la partita vinta col Messina con il goal di Manca a pochi minuti dalla fine che ci diede la promozione in C1. Questa vittoria ha regalato delle emozioni incredibili. Nell’annata della promozione col Taranto ero più uomo-spogliatoio perché avevo 34 anni, ma nonostante tutto ero stimato e voluto bene dai tifosi del Catania. Ero considerato l’emblema della squadra».

Baluardo difensivo nelle sue stagioni in rossazzurro: un suo parere sul tracollo, nell’ultimo campionato, della difesa del Catania, che nelle prime giornate risultava essere la meno perforata d’Italia.
«Beh, la linea difensiva del Catania ha sicuramente accusato tanto la stagione travagliata: il cambio di diversi allenatori ha compromesso la stabilità raggiunta con le dinamiche collaudate da Rigoli sin da luglio, facendo perdere ai difensori certe sicurezze».

Lei ha, come detto sopra, vinto due campionati di serie C. Quali sono, secondo lei, gli ingredienti giusti per primeggiare in questo difficile campionato?
«Il consiglio che posso dare al direttore Lo Monaco è di prendere gente di categoria che ha già vinto campionati di Lega Pro, che ha spirito di appartenenza, carattere e personalità perché la piazza di Catania può essere paragonata benissimo a quella napoletana. Sicuramente Lo Monaco, dopo gli errori di questa stagione, avrà già visualizzato quattro, cinque giocatori importanti, perché non si può prescindere da gente di qualità: quando noi abbiamo messo le basi per far sì che il Catania arrivasse in serie A si trattava di una squadra di calciatori già abituati a vincere. Io personalmente avevo vinto a Caserta, a Ischia, ho sfiorato la promozione in B con la Juve Stabia e poi sono venuto a Catania in piena maturità.

Si sente ancora legato alla città di Catania?
«Sì, il fatto stesso di essere stato scelto tra i cinquanta personaggi del murale della storia del Catania è emblematico: c’è un cordone ombelicale che mi lega alla tifoseria, alla provincia e alla città e ho vissuto sette anni meravigliosi anche con la mia famiglia. Persino mio figlio Salvatore che gioca nel Perugia parla “trezzoto”, a testimonianza del fatto che anche nei miei figli sono radicati quei bei valori di sicilianità. Forza Catania sempre».