Calaiò, da palermitano di nascita a catanese d’adozione?

Marco Di Mauro

CATANIA – Emanuele Calaiò, dunque: in una delle rare occasioni con porte aperte a Torre del Grifo, un tifoso rossazzurro (evidentemente a conoscenza delle origini dell’attaccante) disse e proclamò: “Mi scoddu ca è palermitano solo su signa”. A tredici giornate dall’inizio del campionato sarebbe già stato nominato ‘catanese d’adozione’ se solo la classifica fosse diversa.

E’ l’attaccante giusto, l’attaccante di razza , d’area di rigore che serve al Catania. Non è una cattiveria: sarebbe servito, e sarebbe tornato ancora più utile già a Gennaio scorso. Senza se, è più che una probabilità visti i numeri d’altra categoria mostrati anche su di un campo in condizioni da ‘terza categoria’. Gol in rovesciata (non è la prima che prova, Cani lo sa), dribbling e colpi di tacco. Ma anche lotta nel fango e calci. L’assist del 2-0, un rosso ed un rigore procurato sebbene ignorati entrambi dall’arbitro. Il suo gioco appaga tanto lo stomaco che l’occhio.

Applausi meritatissimi. Gli stessi a cui s’era abituato con Sannino in panchina(nella sua migliore stagione in serie A, Siena, quando sfiorò la nazionale) ed in altri tempi pure con Rosina al suo fianco.  Applausi anche per l’abbraccio ad Almiron: che non fa sostanza ma fa squadra, ricordando tanto il clima del Catania di tre/quattro anni fa. Applausi che vuol dividere con Leto, compagno occasionale di reparto già ad Avellino che, visti i progressi, potrebbe divenirlo in pianta stabile almeno fino alle valutazioni di Gennaio. Applausi a cui lo sa, non deve fermarsi.

Perché è un giocatore troppo importante per il Catania, e l’ammonizione che gli impedirà di giocare il derby contro il Trapani è stata davvero troppo, troppo stupida.

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