Catania, esperienza e gioventù: non solo differenze

Veronica Celi

Al di là del processo con inizio l’11 agosto, delle conseguenze e della serie, il Catania del futuro sarà un miscuglio di personalità. Tanti i giovani aggregati alla prima squadra, dagli ex Primavera (Parisi, Odjer, Di Grazia, Barisic, Rossetti, solo per citarne alcuni) a chi il settore giovanile potrebbe lasciarselo alle spalle già a partire dal prossimo campionato (Sessa, Tupta, Ferraù, Biondi). Nomi poco conosciuti, attribuiti raramente alle vicende rossazzurre tra record, promozioni, Serie A e Coppa Italia. In mezzo a questi, invece, sembra svettare quello di Davide Baiocco, acclamato capitano del passato etneo, e chissà, magari anche del domani.

Circa 20 anni di differenza tra il veterano quarantenne e l’esercito di ragazzi convocati a Torre del Grifo. Un fisico temprato dagli anni e dalle esperienze ha poco a che vedere con gambe che di minuti e traguardi devono ancora macinarne parecchi. Uno come Baiocco in campo ne ha viste tante. Ha avuto a che fare con avversari di diverso calibro. Sa quali sacrifici sono spesso necessari, e quando rimboccarsi le maniche è una priorità. In tasca conta svariati obiettivi: salvezze con la maglia del Perugia e della Reggina, salti di categoria recentemente con l’Akragas, e nel 2006 coi rossazzurri. E proprio ai tempi di un Catania tanto italiano quanto maturo, con la fascia al braccio ha incitato compagni e tifosi, diventando un leader. Tutto ciò non può che lasciare un segno indelebile anche sulle capacità tecnico-tattiche. L’essere considerati punti di riferimento imprescindibili e protagonisti di imprese memorabili è quello che in parte, però, manca ai giovani etnei. Hanno ancora molte soddisfazioni da agguantare. La strada da percorrere è solo all’inizio. E rispetto a un vecchio lupo come Baiocco, il loro intento è innanzitutto quello di farsi conoscere, di ostentare le proprie doti, e porle così a disposizione dell’intera formazione.

Si parla, infatti, di due universi differenti, ma in fondo simili. Lottare per la stessa maglia e per una meta comune, qualunque essa sia, mettersi al servizio di un Catania ferito: elementi che abbattono il muro dell’età e dell’esperienza. Su quel campo si finisce, dunque, per essere tutti uguali.

Se un mix del genere, fatto in prevalenza di freschezza e ambizione, contribuirà alla competitività del Catania, solo il tempo potrà dirlo. È vero che negli ultimi due anni, ad esempio, grandi nomi non sono bastati per portare in alto i rossazzurri. Nel 2013/2014 Bergessio, Maxi Lopez, Almiron, Barrientos non sono riusciti ad allontanare l’incubo retrocessione. La stagione successiva Calaiò, Rosina, Castro, Gillet, Martinho a stento hanno scongiurato il rischio Lega Pro, anche se il finale della storia adesso sembra essere cambiato. È forse alla soglia l’era di un Catania più disinibito e con molta più fame da saziare?