I nomi (degli indisponibili) non giustificano la classifica

Marco Di Mauro

Va bene, quando si parla d’un campionato di vertice come la serie A, fatto di grandi firme: i nomi contano. Sia per lo scudetto che per la salvezza. In un campionato mediocre, come lo è la serie B (e lo è pure quest’anno, in A, la lotta per non retrocedere), fatto di benemeriti signor nessuno, il discorso è diverso. I nomi possono certo far la differenza in positivo (per conquistare la promozione) ma la sola loro assenza non può giustificare difetti tali da valer un posto con vista serie C. Proprio no, e proprio perché – in questo caso – non è una questioni di nomi, ma di motivazioni. Punto.

Dimostrazione? Il vertice della graduatoria. C’è il Frosinone, che di nomi conosciuti in organico non ne ha. Anzi, il ‘Paganini’ famoso è il padre (ballerino) dell’attaccante a segno contro il Catania. Basta pure ricordare le sfide contro Perugia e Frosinone, ma anche Bari, Spezia, Lanciano e Pro Vercelli (ora squadre di alta classifica).Tutte decise da episodi ascrivibili più a meriti caratteriali che non tecnici. Partite rimaste in bilico fino all’ultimo istante. Sintomo di equilibrio. Ciò a prescindere che il Catania si sia presentato in campo con uno, cinque o dieci giocatori indisponibili rispetto all’undici titolare immaginato.

Gennaio è troppo lontano e la qualità del torneo troppo mediocre per arrendersi all’idea che, pur privato dei grandi nomi, il Catania non possa far di più, non mostri numeri sufficienti a reggere una classifica media, almeno. Allora dice bene Sannino. Se con le ‘grandi firme’ il Catania può ancora immaginare di infilare una serie record di vittorie, questo non può in alcun modo sollevare i giocatori superstiti dalle responsabilità del penultimo posto in classifica. L’idea che, tecnicamente, non esistano in serie B calciatori meno dotati dei rossazzurri è inverosimile, quanto accettarla sarebbe mortificante.

Ritornano dunque alcune parole del tecnico. Parole che spiegano la differenza non tra il Catania dei sogni e quello della realtà, ma tra il Catania della realtà e quello dell’incubo. Del tipo: “Dimentichiamo i nomi dietro la maglia”, “Bisogna capire il momento”, “Non siamo ancora squadra”, “Serve meno io e più noi”, “Le difficoltà devono essere stimolo, non alibi”. “Dobbiamo mettere in campo qualcosa che ancora non abbiamo mostrato”. “Per uscire da questa situazione servono qualità che attengono più agli uomini che ai calciatori”.

Parole sagge, ma finora rimaste solo parole. Come ricorda la classifica.

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