Le ragioni del “diplomatico”

Daniele Lodini

CATANIA – L’approccio più propositivo del Catania di questo inizio stagione va a braccetto con quella che è, almeno si spera, la batosta del campionato. Ne prende un paio l’anno il Catania e nel complesso, visti i risultati, poi male non fanno. Attenzione all’associazione libera che ne potrebbe scaturire però, perché al danno aggiungerebbe la beffa. Il Catania non era e non è, negli uomini e nella tradizione, una squadra che deve difendersi e ripartire. Lo abbiamo già detto da queste pagine che l’equilibrio era ben lungi dell’essere stato raggiunto, non c’eravamo allarmati allora e non ci sorprendiamo di conseguenza adesso. Questo il valore aggiunto di porre l’accento, laddove si riconoscano, su limiti e margini di miglioramento anche quando gira tutto bene, non cadere dalle nuvole e prepararsi per tempo all’atterraggio. Così in quello che per tanti è stato “il giorno dopo la sbronza”, ci siamo almeno risparmiati l’effetto sorpresa, la risacca. Non si tratta di un vanaglorioso “te l’avevo detto”, anzi, sfida la superbia di chi ha sempre lo stesso verso degli eventi. Che ragione c’è di cercar sempre la diplomazia? Non tutte le vittorie sono da ricordare e non tutte le sconfitte sono da dimenticare.

Perché l’equilibrio si raggiunge, non si trova. Mister Maran ha dimostrato grande intelligenza, e non può dirsi lo stesso di tutti i suoi predecessori, nel voler proseguire la linea di un lavoro lungo un anno. Proseguire però, che implica aggiungere del suo, e per sintetizzare il vecchio col nuovo del tempo non si può fare a meno. Perché non è vero che questa era la partita della maturità. Ogni mese o due, non si sa perché, c’è la partita della maturità. Ci tocca, come il “diplomatico” tra i pasticcini della domenica. Non lo mangia mai nessuno il “diplomatico” ma lui è sempre lì e non si stanca di indurire in frigo. E allora perché li fanno, ma chi li vuole? E perché chiamare un pasticcino “diplomatico”, perché mette d’accordo tutti visto che non lo mangia nessuno?

Lo stesso vale per “la partita della maturità”, ce la infliggiamo da soli, è inutile e le abbiamo scelto un nome quantomeno forviante. Non era la partita dello sprint questa e non sarà la partita della vita la prossima. C’è invece che la squadra schiacciata su due linee appare granitica, ma quando si alza un po’ si sfalda come sabbia e gli errori dei singoli trovano lo spazio per venir fuori. Gli avversari non ci hanno trovato scoperti, non è un problema di assenze quanto di mancanze. Mettere a maggese qualcuno dei meno concentrati sarebbe un’idea per venirne fuori, oppure si può optare, se non per il cambio di rotta, almeno per la deviazione. C’è una mossa nemmeno troppo azzardata, che potrebbe rimettere a posto molti tasselli tutti in una volta. Il tre-cinque-due, o tre-quattro-due-uno se preferite. Il punto è che una delle peggiori coppie di centrali del campionato per un paio di anni, Bonucci e Chiellini, diventa una coppia di draghi col passaggio a tre. Figuriamoci cosa potrebbe accadere a una coppia ben rodata e affidabile. Il terzo centrale copre le spalle e le sviste dei compagni, Alvarez sarebbe scalzato da Izco nel ruolo di fluidificante e per Rollin e Bellusci gli spazi di contro crescerebbero con i tre posti a disposizione. Il modulo e gli interpreti sono già stati oleati con ottimi risultati la passata stagione, il rischio flop è al minimo e probabilmente la manovra ne gioverebbe in termini di fluidità e opzioni di passaggio. Forse non è solo un caso che tutti gli uomini di maggior classe del Catania non si stiano esprimendo al meglio. Almiron non è più il padrone della metà campo, Lodi ha sempre il piede caldo ma non è più protagonista in regia e Barrientos ha pochi utenti cui recapitare le sue invenzioni. Ripercorrere anche questo dei passaggi dello scorso fortunato anno non è solo nostalgia.

 

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