Riccardo Gaucci e la guerra di Taranto
«B fu meritata. Loro ancora avvelenati»

Fabio Di Stefano

Domenica torna una sfida dal sapore antico e piccante. Catania e Taranto si sono incontrate l’ultima volta, nella stessa serie, il 9 giugno del 2002. In quella data si giocarono allo Jacovone la finalissima play-off per la promozione in serie B. Al Taranto sarebbe bastato vincere con un gol di scarto per pareggiare l’1-0 di Fini e, in virtù del miglior posizionamento in classifica, avere la meglio sui rossazzurri. A dispetto dei pronostici – e in beffa alla lettera B scritta a caratteri cubitali sul manto erboso dello stadio – la gara finì 0-0 e in serie B ci andò il Catania di Riccardo Gaucci. Per l’ex presidente rossazzurro, adesso a capo di un club maltese, resta quello uno dei momenti più intensi della sua vita.

Riccardo Gaucci, domenica il Catania si recherà a Taranto 14 anni dopo l’ultima volta. Nella stagione 2001/2002 le due squadre si affrontarono in campionato e nella finale per la serie B: si ricorda come avete vissuto quelle due trasferte?

«La partita di campionato, che perdemmo per 1-0, fu una gara normalissima. C’erano dei punti in palio, ma la posta non era alta poiché eravamo solo alla nona partita di andata. Per quanto riguarda la finale dei play off, fu tutta un’altra storia. Non si trattava di una partita di calcio, ma di una guerra. Ricordo che fummo scortati da una ventina di macchine delle forze dell’ordine, in panchina ero difeso da 15 poliziotti che, al fischio finale, non mi permisero nemmeno di festeggiare con la squadra. Nonostante questo, qualcuno è riuscito ad aggredirmi. Al triplice fischio dell’arbitro, sia in campo quanto nel sottopassaggio che conduceva agli spogliatoi, c’erano individui di ogni tipo. Solo la vittoria ci fece dimenticare quello che successe quel giorno».

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Scritta contro Gaucci esposta nella curva del Taranto il 9 giugno

Fu la resa dei conti di una sfida infinita che per tutta la stagione venne giocata più che altro fuori dal campo, a suon di accuse reciproche per presunti favori arbitrali, ma anche pesanti offese rivolte alla santa patrona di Catania da una frangia della tifoseria tarantina. Contesto che, attizzato dalla stampa, aveva reso incandescende il clima d’attesa attorno alla partitissima. In tutto questo la società tarantina fece qualcosa per tutelare la vostra incolumità?

«Non appena arrivammo con il pullman davanti al parcheggio degli spogliatoi, vennero alcuni dirigenti del Taranto ad urlarci contro. Ce ne dissero di tutti i colori, ma questo secondo me ci fece bene perché caricò ancor di più i giocatori. Era veramente un clima di guerra, più che una partita di calcio».

Allora si mosse anche la Figc.  Alcuni uomini dell’ufficio indagini viaggiarono insieme alla sua squadra.

«Infatti. Dopo la gara di andata al Massimino subimmo delle minacce. La Federazione, venuta a conoscenza del clima che si era creato, decise di monitorare ogni nostro spostamento durante il viaggio verso lo stadio».

La promozione segnò l’ascesa del Catania, mentre per il Taranto si aprì un baratro che lo portò nelle serie minori e infine al fallimento. Dopo quello 0-0, la stampa tarantina parlò apertamente di arbitraggio pro Catania. Anche alcuni calciatori rossoblu accusarono il Catania di avere messo in pratica un piano di comunicazione volto a influenzare la terna arbitrale guidata da Mario Mazzoleni.

«Dopo la gara di andata noi facemmo delle dichiarazioni pesanti per tutelare il Catania. Sapevamo dell’ambiente infuocato che ci aspettava a Taranto, e chiedevamo solamente un arbitro che non si lasciasse intimorire dal contesto. Non cercavamo favori, ma non volevamo nemmeno essere penalizzati. L’arbitro fece bene, non favorendo nessuna delle due contendenti. Il campo disse che meritavamo di andare in B, e così fu».

Anche la scorta che le venne assegnata fu oggetto di discussione. A Taranto dissero che fu una messa in scena, un atto di vittimismo da parte sua. Un modo per riscaldare ulteriormente il clima della gara, insomma.

«Che scena dovevo fare? In campo, a fine gara, c’era di tutto e di più. Quando sono scappato verso gli spogliatoi alcune persone si sono scagliate contro di me. I poliziotti, a tutela della mia persona, non li ho mica chiesti io, ci hanno pensato gli organi preposti ad assegnarmi una scorta».

Forse le tante polemiche attorno a Gaucci nascono dalla segnalazione inoltrata dal Catania sul presunto tesseramento irregolare di un calciatore del Taranto, Parente.

«Il tesseramento di Parente, secondo noi, non era limpido. Da presidente del Catania ho fatto quello che era giusto, cioè tutelare la mia società. O forse dovevo lavorare per difendere le ragioni del Taranto?»

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La lettera B disegnata sul manto erboso dello Iacovone

I tifosi pugliesi nei vari social hanno avanzato anche delle illazioni riguardo alla possibile combine del risultato finale, motivandola con  l’amicizia tra Pieroni, allora presidente del Taranto, e la famiglia Gaucci.

«Ma se in quel periodo Pieroni e la mia famiglia stavano in guerra, di quale amicizia parliamo? Non scherziamo. La verità è che il Catania vinse quella battaglia e andò in B.  Il resto sono chiacchiere».

La promozione in serie B fece passare tutto in secondo piano.

«I ricordi legati a quella partita resteranno per sempre dentro di me. Non si può dimenticare una festa come quella che seguì. I 15000 del Massimino che ci accolsero alle tre del mattino non li scorderò mai. Per quella promozione ho dato la mia vita in tutto e per tutto. Ho fatti tanti sacrifici, non solo economici».

Quella famosa partita rimane la più importante della sua carriera da dirigente?

«Assolutamente sì. I giorni che precedettero quella sfida furono di totale sofferenza. Il tutto venne ripagato dall’incredibile gioia per aver raggiunto un obiettivo che Catania attendeva da 15 anni».

Le viene in mente qualche curiosità legata a quella finale?

«Ricordo che Graziani e Pellegrino volevano effettuare delle sostituzioni a pochi minuti dal termine. Io li bloccai perché la partita stava per finire e non volevo che l’arbitro allungasse il recupero. L’ultimo cambio lo facemmo solo all’ultimo secondo, quando ormai il traguardo era a portata di mano».

Presidente Gaucci, una battuta finale sulla partita di domenicaalla quale però la tifoseria rossazzurra non potrà partecipare per disposizione del Comitato per la sicurezza.

«I rancori e le vecchie ruggini che potranno esserci tra le due compagini, non devono fare dimenticare che si tratta solo di una partita di calcio. Dal punto di vista tecnico devo dire che conosco poco del Taranto, mentre conosco un po’ meglio il Catania. I rossazzurri hanno subito qualche torto arbitrale di troppo, come il fuorigioco fischiato a Calil contro l’Akragas. Quel che è certo è che a Taranto avranno il dente avvelenato, e vorranno riscattare la sconfitta del 2002. Se il Catania non sarà pronto ad affrontare una battaglia sportiva, rischia veramente parecchio».