Prestazione che offende maglia e tifosi. Catania, se ce la fai… salvati

Marco Di Mauro

Quarta sconfitta interna per il Calcio Catania. Forse la più pesante del campionato. Non tanto per la mala Pasqua regalata ai tifosi, o per risultato. Ma per la prestazione di fronte alla posta in palio. Lo 0-2 maturato nel primo tempo contro il Cosenza fa cadere a terra le braccia e le speranze anche dei tifosi più ottimisti. Mostra a tutti una squadra incapace di sfruttare un turno favorevole, che l’avrebbe potuta riportare in zona play off e per di più all’ottavo posto. E che si dimostra pure incapace di reggere il confronto con una delle probabili avversarie che si potrebbero presentare agli spareggi. Più realistica pare quindi, oggi più che mai, la prospettiva di raggiungere il prima possibile una salvezza.

La vittoria centrata contro il Francavilla poteva aver dato una scossa ai rossazzurri. La vittoria mancata contro la Vibonese, qualche giorno dopo, lasciava invece presagire che il Catania fosse ancora quello delle cinque sconfitte consecutive beccate prima di quel successo. A togliere ogni dubbio è arrivata la sconfitta contro il Cosenza. La squadra resta in zona play off, ma solo per la matematica. La prestazione offerta contro i rossoblu è deludente sin dapprincipio e sotto ogni aspetto. In una partita così decisiva per l’accesso agli spareggi – e presentata proprio così dalla dirigenza – pare una resa della squadra che vale ancor più di una sentenza della classifica.

Altro che “Buona Pasqua“, come augurato dal Calcio Catania attraverso la scritta apparsa sul tabellone luminoso. I rossazzurri si sfaldano subito, appena arriva il vantaggio del Cosenza. Uno sfortunato svarione difensivo di Bucolo. Il centrocampista liscia un pallone in area, che arriva sul piede di un avversario. Il tiro, dal limite, passa sotto le gambe di Marchese e Gil. Nonostante tutto Pisseri riesce a deviarne la traiettoria indirizzata a rete. Solo che la sfera finisce sui piedi di Letizia, che a pochi passi dalla linea di fondo carica il tiro e gonfia la rete. La reazione del Catania, giustamente attesa, non c’è. Manca l’organizzazione di gioco ma soprattutto il carattere da parte dei calciatori, e il rispetto nell’indossare una maglia come quella rossazzurra.

Giovanni Pulvirenti, per questa sfida, non aveva a disposizione parecchi calciatori e alcuni li ha mandati in campo nonostante gli acciacchi. Nei pochi minuti avuti durante la ripresa, sono stati però i due “Berretti” entrati in campo i soli a non meritare i sonanti fischi da parte dei pochissimi tifosi presenti al Massimino. Che difatti li hanno applauditi. Il resto della squadra pareva invece essersi fermata al calcio di rigore reclamato (da Di Grazia) e non dato dall’arbitro qualche minuto prima del gol subito. E da quel momento in avanti altro non farà che protestare per un altro rigore reclamato e non concesso (su Russotto). Meritando, alla fine, i fischi dei tifosi non andati via anzitempo.

Dopo un gol annullato a Letizia al 38esimo, per presunto fuorigioco, il Cosenza trova il raddoppio. Determinante uno svarione di Marchese, che lascia campo libero ai calabresi. Statella, in contropiede, fredda Pisseri per la seconda volta. La gara è al 42esimo e pare già chiusa. Il Catania non mostra alcun segnale di risveglio. Il Cosenza, sull’altra metà del campo, è bravo a chiudersi per evitare ogni possibile rischio e riparte ogni volta che i rossazzurri gliene lasciano l’occasione. La scelta di non cambiare alcun effettivo degli undici titolari, alla ripresa, suscita le critiche del Massimino. Che diventano ancora più sonore, verso il tecnico, quando, dopo 4 minuti, entra Pozzebon.

L’ingresso del centravanti cambia poco o nulla nella capacità del Catania di rendersi pericoloso. Di Grazia e Russotto provano a far gol dalla distanza, ma Perina non verrà mai seriamente impegnato in questa partita. Più di quelle dovute ai tanti infortunati, che hanno costretto Pulvirenti a schierare una formazione rattoppata, l’assenza più evidente è quella del carattere. Né temperamento, né gioco, neppure le giocate dei singoli. Il Catania non reagisce in alcun modo. In molti, dei pochi tifosi presenti, offesi dalla prestazione della squadra, lasciano lo stadio prima del 90esimo. E si risparmiano lo spettacolo d’una squadra che col trascorrere dei minuti pare disunirsi sempre più.

Significativo il cambio di Scoppa. Al 68esimo Pulvirenti lo sostituisce col giovane Di Stefano, un ragazzino della Berretti che fa il suo esordio in prima squadra. Il suo ingresso viene accolto dagli applausi del pubblico. L’uscita dal campo di Scoppa pare invece la bocciatura, ennesima e definitiva, del giocatore sul quale sin dapprincipio il Catania aveva programmato di incentrare il proprio gioco. Anche nel finale di gara c’è più Cosenza che Catania. Gil si infortuna ma resta in campo, nonostante Pulvirenti – che intanto aveva finito i cambi – lo richiami in panchina. È l’anarchia che precede il triplice fischio, e i ben più numerosi fischi del pubblico.

Il Catania che vincendo avrebbe potuto arrivare ottavo, si ritrova dodicesimo in classifica. Scavalcato dal Fondi e fuori da qualunque posizione utile alla qualificazione play off. Intanto, alle sue spalle, risuonano più vicini i rumori della battaglia di chi lotta per non retrocedere. Mischia dalla quale i rossazzurri non possono sentirsi esclusi. Una prospettiva inquietante, considerato lo stato di forma fisica e mentale della squadra. Incapace raggiungere gli obiettivi che stanno in alto, forse è meglio per lei guadarsi dal diventare un obiettivo per le squadre che stanno in basso. Tra le quali c’è il Monopoli, risucchiato in zona play out, prossimo avversario.