Nostalgia canaglia: Ciccio Lodi, la serie A e il moviolista che è in tutti noi

Claudio Spagnolo

Nostalgia, nostalgia canaglia. Che ti prende più facilmente in questi giorni in cui l’estate declina, il sole tende ormai al tiepido e il pensiero, piuttosto che sul tempo che verrà, tende a indugiare su quello che è volato via. E induce noi, tifosi di calcio, a cercare ogni scusa plausibile per ripensare alla serie A. Che alcuni giurano di aver visto, fantasmatica parvenza, svolazzare sabato sera sul campo del Massimino dove giocavano Catania e Lecce.

Una serie A che certo ci ritorna in mente, sia pur sotto forma di nostalgia, leggendo nel tabellino dei marcatori i nomi di Biagianti e Marchese. O rivedendo in campo Lodi a ispirare la manovra e metter paura ai portieri avversari dalla mattonella delle punizioni. Una serie A che – lo sappiamo – faremmo però bene a toglierci dalla testa, e in fretta. Perché, per quanti quarti di nobiltà calcistica si posseggano, non è igienico presentarsi su campi come quello di Francavilla senza essere fino in fondo pronti a dar battaglia. Come faranno ogni settimana gli animosi scarpari che di continuo incontreremo in questa categoria.

Stavolta, a richiamarci nostalgici ricordi, c’è anche un episodio marginale capitato sabato sera nella partita con il Lecce: quello del gol-non-gol segnato, o forse no, da Ciccio Lodi su calcio di punizione. Un gol che forse non lo è e che ha giustamente scatenato il moviolista che è in ciascuno di noi: sicché il giudizio sull’episodio, per fortuna ininfluente, resterà affidato all’inestricabile relativismo dei punti di vista: almeno uno per ogni tifoso che sia dotato di cellulare, e che abbia pensato per tempo a puntarlo sul campo al momento in cui Lodi ha provato a sorprendere, con un tiro sotto la barriera, il bravo portiere leccese Perucchini.

Una disputa da moviola che – maledetta nostalgia – me ne fa venire alla mente un’altra. E cioè quella relativa al presunto gol segnato da Robinho – o evitato all’ultimo momento da Marchese? – in un Catania-Milan giocato al Massimino nell’aprile del 2012. Una disputa che, partita dal calcio, finì per coinvolgere la scienza, la letteratura e le arti: spaziando con disinvoltura dall’ingegneria alla metafisica, senza che mai si riuscisse a chiarire con certezza se Robinho avesse o non avesse fatto gol.

Cominciò tutto quando sul sito ufficiale del Milan comparve il titolo “Inaccettabile!”. La home page mostrava un fotogramma ravvicinato del presunto gol di Robinho, con la palla che dava  l’impressione di aver varcato interamente la linea di porta, sia pur di pochi, pochissimi millimetri. Un fotogramma scattato, pare, dal cellulare di Galliani. E comunque da quest’ultimo sventolato come prova del presunto scippo subito dai suoi a Catania.

Per giorni, la stampa nazionale setacciò ogni pixel della rudimentale ripresa dello smartphone rossonero. Un’immagine in effetti meritevole di essere scrutata con attenzione. Da essa, tra l’altro, sembrava osservarsi una miracolosa consustanziazione tra il pallone stesso e il piede sinistro di Marchese. Dalla foto risulta infatti che quest’ultimo, anziché colpire con la sua parte esterna la parte posteriore della sfera al fine di allontanarla dalla linea di porta, fonde il cuoio della propria calzatura con quello della palla stessa. Il piede insomma resta piede e tuttavia, all’altezza della punta, diventa un po’ anche pallone. E viceversa il pallone, nella perfezione mirabile della propria forma sferica, accoglie in sé parte del piede, pur senza nulla perdere della propria sostanza fisica.

Mettendo a confronto questa ripresa rivelatrice con quelle – esteticamente più gradevoli ma giornalisticamente meno eloquenti – pubblicate all’epoca da diversi siti, si dovette però giungere a conclusioni meno ardite. Dal sito di Repubblica, per esempio, appariva evidente che una cosa era la palla e un’altra il sinistro di Marchese, e che tra i due elementi non era avvenuto alcuno scambio molecolare che costringesse gli appassionati di calcio ad arrampicarsi per gli impervi sentieri della fisica o della teologia.

Nessuno seppe mai, né allora né poi, se il tiro di Robinho fosse entrato. Eppure, nel mio ricordo, sembra ancora che per qualche giorno il Paese non riuscisse a parlar d’altro. Ma sono lontani quei tempi, e canaglia è la nostalgia che ci riporta a essi. Pensiamo al Francavilla che è meglio: e vediamo piuttosto se ci riesce Lucarelli, almeno lui, a scrollar via dal Catania quel troppo di decaduta nobiltà che ne ha fatto, finora, un’incompiuta in serie C. Che è la serie, con buona pace della nostalgia, che ci tocca vivere oggi: nell’estate che adesso declina e nel faticoso inverno che presto verrà.