L’ultimo lungo saluto a Ciccio Falange, curve riunite nel suo ricordo

Fonte: mondocatania.com
Marco Di Mauro

La cerimonia nella chiesa di san Sebastiano, a pochi passi dalla sede della Falange d’assalto. Poi il lento cammino dal castello Ursino al Duomo con la bara che, cinta d’un drappo, è sorretta e accompagnata a spalla dagli ultra. Infine, l’ultimo saluto nel luogo che più d’ogni altro tratterrà l’impronta dell’essenza e il ricordo della storia di Ciccio Falange: lo stadio, la curva, i gradoni – un po’ sgualciti per la troppa vita che c’è passata sopra – e soprattutto la memoria dei suoi figli: tutti gli ultra del Catania (come recita lo striscione appeso in tribuna B).

A stringersi attorno a Francesco Famoso, oggi, non c’era solo Catania ma tutta l’Italia ultras. L’uomo che nel 1979 aveva fondato il primo gruppo organizzato del tifo catanese, è venuto a mancare mercoledì dopo aver a lungo lottato contro una malattia. «Alla fine sono sicuro che non si sia arreso, non sarebbe stato da lui – dice qualcuno – Credo invece che abbia solo preferito far quattro chiacchiere col Presidentissimo, che lo chiamava da lassù». E questa è solo una delle voci appartenenti alle migliaia di persone che si ritrovano  alle 14 in piazza Federico di Svevia. Troppe perché la chiesetta, dove era stata allestita pure la camera ardente, potesse accoglierle tutte.

Tra le corone di fiori tinte coi colori rossazzurri, sistemate all’esterno della chiesa, c’è quella del gruppo messinese Teste Fradice. In piazza, a chiudere la vista sul castello Ursino, appesa su di un lungo filo, c’è la pezza degli amici napoletani tra gli striscioni dei gruppi catanesi di ieri e di oggi.  C’è l’ultra rivale a fianco di quello del Catania. Ma pure l’ultra del Catania accanto all’altro ultra del Catania, quello con cui non va più o non è mai andato troppo d’accordo. È l’immagine che forse, più delle altre, riassume e spiega il carisma di Ciccio Famoso. «Una persona che si faceva volere bene», ricorda un’altra voce a destra. «Il papà di tutti gli ultra catanesi», si sente da sinistra.

Il Calcio Catania presente alla funzione funebre

Sulla bara, durante la funzione, c’è la maglia del Catania numero 12. Quella del 12esimo uomo in campo: il tifoso. A portarla e poggiarla lì è la delegazione del Calcio Catania. Oltre ad alcuni calciatori – tra i quali Russotto, Marchese, il capitano Biagianti e il catanese Di Grazia -, seduti in prima fila ci sono il patron Antonino Pulvirenti, l’addì Pietro Lo Monaco e l’allenatore Pino Rigoli. Per essere presente a rendere omaggio a Ciccio Famoso, la squadra ha modificato i ritmi della settimana di lavoro. Nei giorni scorsi la società aveva inoltre pubblicato un comunicato stampa per esprimere il proprio dolore per la perdita del fondatore della Falange d’assalto.

Un lungo applauso interrompe la funzione, mentre il sacerdote ricorda Ciccio Famoso descrivendolo come un eroe silenzioso, capace col suo carisma di riunire così tante persone, e diverse tra loro, nel giorno del suo addio. Il silenzio della moltitudine che assiste alla funzione rende l’atmosfera come se fosse sospesa tra i due mondi. «È partito per l’ultima trasferta», sussurra un uomo in chiesa. Sulla bara resta una maglietta, quella con lo slogan della Falange: Primi a nascere, ultimi a morire. Adosso, invece, Ciccio Famoso ha il sacco bianco e la coccarda di Sant’Agata, che raccontano la sua devozione.

La fine della cerimonia e il passaggio sotto la sede della Falange d’Assalto

Terminata la cerimonia religiosa – seguita da tanti in piazza grazie all’impianto audio predisposto per l’occasione – si sparge la voce che la bara verrà trasportata al Duomo dove, quasi in contemporanea con l’inizio della funzione funebre, si svolgevano le cerimonie tipiche del 3 febbraio. «Ciao, unico e immenso capo», sono le parole con cui lo ricorda al microfono un ultra rossazzurro. Fuori parte un lunghissimo applauso, e in risposta il coro: «Ciccio è qua, e canta con gli ultra». Al ritmo lento dei passi e quasi incessante dei cori, la bara – con una rosa rossa sopra – viene portata davanti alla sede della Falange d’assalto mentre attorno decine di fumogeni colorano l’aria di rossazzurro.

Sono le 15.30 e, tornato di fronte alla chiesa di San Sebastiano, il corteo si dirige verso piazza Duomo. Lungo tutta la strada, staccandoli dalle ghirlande, vengono sparsi a terra dei fiori a formare un tappeto che rende più lievi i passi del feretro del capo ultra, ancora portato a spalla dalla sua gente. All’incrocio con via Garbaldi, la processione incontra i colori della festa di sant’Agata e la quotidianità del resto dei catanesi. I quali, incuriositi, guardano e domandano cosa stia succedendo e perché le bancarelle di dolciumi spengano le luci al passaggio della bara. Che adesso è avvolta dallo stendardo che ricorda un altro ultra scomparso.

La processione fino a piazza Duomo

L’ingresso in piazza Duomo – dove la gente è già assiepata per assistere, la sera, ai fuochi pirotecnici –  finisce sotto il Liotro. E lì sono ancora bandiere, fumogeni, cori e striscioni. Quindi il passaggio sul carro funebre fino allo stadio Angelo Massimino, dove ad attenderlo ci sono ancora una volta un migliaio tra appassionati, tifosi, ultra. Sono quasi le 17 quando la curva Sud – che qualcuno vorrebbe intitolargli -, dai suoi gradoni, intona: «Onoriamo Ciccio Famoso». Nuovamente a spalla, il feretro inizia il giro di campo passando proprio sotto la Sud, vicino alla striscione con su scritto «Della nostra città leggenda e gloria… il tuo nome per sempre indelebile nella storia».

I momenti all’intero dello stadio Massimino, con le due curve riunite

Quindi una porticina gialla si apre e la bara viene portata dentro il settore, appoggiata alla balaustra da dove Ciccio Falange lanciava i cori. Ed è proprio da lì, ed è proprio così, ed è proprio in quel momento che curva Sud e curva Nord tornano a cantare insieme – ognuno dal proprio settore – nel nome di Ciccio Falange. «Ciccio sarebbe stato felice, avrebbe sorriso. Lui sorrideva sempre» , dice qualcuno. I due mondi e i due modi del tifo rossazzurro si incontrano a metà del giro di campo. I gruppi della Sud e della Nord entrano insieme in curva Nord. Il crepitare del vento tra bandiere è il solo rumore che si percepisce in quello che resta uno dei momenti più emozionanti e significativi vissuti al Massimino. Nel lungo giorno in cui Ciccio Famoso ha salutato la sua gente, si è fatto e ha fatto loro il più bel regalo che forse potesse o potessero immaginare. Che poi è lo stesso che un padre può augurarsi per i suoi figli: rivederli insieme, uniti. Almeno per l’ultimo saluto.

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«Il tuo nome è una bandiera di quelle che il vento non può lacerare».