Pulvirenti, le scuse mai porte ai tifosi. PLM: «Pentito, fatti valgono più di parole»

Marco Di Mauro

«Pulvirenti è daspato e non può parlare con la stampa», sostiene Pietro Lo Monaco. A rispondere per conto del patron del Calcio Catania, perciò, è proprio il suo ritrovato braccio destro. La domanda è semplice: Molti tifosi aspettano ancora delle scuse, dal patron, riguardo alla vicenda delle presunte gare combinate e a certe sue dichiarazioni. Sono un atto dovuto se si vuol recuperare il rapporto con la gente? Segue un lungo silenzio nella stanza in cui siede l’amministratore delegato.

«Quali sarebbero le parole del presidente a cui si fa riferimento?», chiede Lo Monaco.

L’11 agosto 2015, al tribunale federale, è in corso il dibattimento sui risvolti sportivi dell’inchiesta Treni del gol. Pulvirenti esce dall’aula e motiva alle televisioni locali e nazionali le sue responsabilità, già ammesse davanti ai giudici: «Durante tutto l’anno scorso sono stato pesantemente minacciato. A Catania non è semplice, chi conosce la piazza lo sa. Non scordiamoci cosa è successo a Catania qualche anno fa». Dichiarazioni rese qualche ora dopo l’emissione del Daspo nei suoi riguardi e distanti otto anni dal giorno del derby Catania-Palermo, in cui morì l’ispettore Filippo Raciti.

«Sicuro che abbia detto questo Pulvirenti? – sobbalza dalla sedia Lo Monaco, sorpreso – Mi pare assurdo. Posso sentire questa intervista?». Le parole, però, sono proprio quelle. «Io non penso che volesse dire “ricordatevi che Catania è una piazza dove si ammazzano i poliziotti” – riprende l’addì – Non è così. Catania ha dato sempre dimostrazione di grande civiltà a tutti. In una partita con Farina arbitro, che ne ha commessa una più del diavolo quella volta, invece di contestare i tifosi lo hanno applaudito ironicamente».

Ma della possibilità che Pulvirenti chieda scusa ai tifosi (parte dei quali l’ha contestato pure all’esordio della nuova stagione, nella partita con l’Akragas), anche per cercare il modo di ricompattare la piazza, ha mai parlato col diretto interessato?

«Penso che le sue parole siano state interpretate in maniera sbagliata – ribadisce Lo Monaco – Non credo volesse fare un atto di accusa verso i tifosi. Voleva dire “Catania è una piazza in cui, quando si fa qualche cosa, c’è una particolare cassa di risonanza proprio in virtù del 2 febbraio». Quanto alle scuse, però? «Pensate che Pulvirenti non sia addolorato per quello che è successo, per tutte le problematiche create? Penso che se le sia accollate. Lui sa di chi è la colpa di tutto questo. E sa perfettamente che lui ha una parte importante nel casino che è successo a Catania».

Pulvirenti ha espresso anche la volontà di chiudere col calcio. Lo Monaco conosce a fondo l’ex presidente, da oltre 10 anni. Ed è verso i recenti comportamenti del patron, più che verso le parole dette o non dette da quest’ultimo, che vorrebbe si spostasse l’attenzione di chi aspetta uno “scusatemi“.

«Il fatto stesso che, in un momento così, abbia la voglia di mettere la sua disponibilità per quel che riguarda il Calcio Catania, è un’ammissione di colpa e una forma di pentimento. Questo va al di là delle parole. È insito che Pulvirenti si senta in colpa verso i tifosi – sottolinea l’addì – È normalissimo e sotto gli occhi di tutti. Non credo che qualcuno possa pensare che lui se ne frega o se ne sia fregato. Ha sbagliato, altrimenti il Catania non avrebbe fatto quello che ha fatto. Di sbagli ne ha fatti tanti, pazzeschi. Quando uno ammette gli sbagli ammette anche le proprie colpe».

Un lungo ragionamento, quello di Lo Monaco, che porta alla fine a tre considerazioni che ne sintetizzano e riepilogano per intero il senso. E che provano a spiegare la ragione di quelle scuse che, a parole, potrebbero non arrivare mai.

«Pulvirenti è chiaramente pentito. La gente di questo deve prendere atto – conclude – Più delle parole contano i fatti».